Sembra di essere tornati indietro nel tempo, di fronte alla nuova guerra di ordinanze e ricorsi sulla scuola, tra regioni e governo centrale. Aprire o chiudere, a fronte dei numeri record dell’ondata in corso di contagi di Coronavirus? Chiudere, dicono alcune regioni a partire dalla solita Campania che è stata la regione in cui dall’inizio dell’emergenza sanitaria ragazzi e ragazze sono andati meno a scuola in presenza e hanno fatto in assoluto più didattica a distanza. Aprire dopo la pausa natalizia, dice il governo guidato da Mario Draghi che nonostante i numeri continua a tenere la barra dritta. Il consigliere scientifico del ministro della Salute, Walter Ricciardi, però, condivide le preoccupazioni di chi non ritiene prudente riaprire le scuole in questo periodo. Durante la trasmissione Controcorrente di Rete 4, ha detto: «Da una parte capisco benissimo l’intenzione del governo di aprire le scuole e di tenerle aperte, ma questo si può fare soltanto con un mix di attenzioni sia nella gestione della scuola, sia nella campagna vaccinale, che in questo momento non è tale da consentire una riapertura tranquilla».
Bianchi: «Siamo pronti»
«La scuola è pronta», ha ribadito il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. «Sicuramente siamo preoccupati, come tutti, ma abbiamo approvato come Governo, all’unanimità, regole chiare precise e puntuali anche per quelle situazioni che richiedono la didattica a distanza ma il principio base è che si torna a scuola domani». «C’è sicuramente la possibilità che domani manchi del personale. Noi abbiamo dato 400 milioni per rinnovare e potenziare il personale proprio per l’emergenza legata al Covid. Si tratta di 35 mila docenti e di altrettanto personale tecnico in più. Ricordo che anche in passato dopo il Natale si sono registrate molte malattie ma questa situazione si affronta insieme e con la volontà di tutti», ha aggiunto il ministro.
Cosa dice il Cts
Al di là della Campania, che come annunciato dal governatore Vincenzo De Luca ha emesso una ordinanza per rinviare a fine mese la ripresa delle lezioni in presenza – e al di là della polemica tra esecutivo e Regione, anche altre regioni sono andate in pressing sul governo per chiedere un rinvio delle lezioni in presenza. La Sicilia dal canto suo ha deciso di dare altri tre giorni di vacanza, per il momento, a studenti e studentesse. Mentre il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha lanciato un ultimo appello: «Chiudiamo le scuole da domani. Non siamo in grado di reggere. Avremo il 30% del personale malato, una tempesta perfetta». A dare man forte all’esecutivo è il Cts: «Sulla ripartenza delle scuole sono d’accordo con la decisione presa dal governo, in un paese in cui i bambini possono andare al cinema, al ristorante e nei bar sarebbe per me incomprensibile chiudere la scuola», ha detto Sergio Abrignani, immunologo e componente del Comitato tecnico scientifico, ospite del Caffè della domenica di Maria Latella su Radio 24.
Le regole
Le nuove regole, a partire da domani, prevedono l’obbligo per il corpo docente di mascherina Ffp2 nelle scuole d’infanzia. Lo stesso dicasi nelle primarie e secondarie in caso di presenza di alunni e alunne esonerati per qualche ragione dall’obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Le nuove disposizioni per le quarantene prevedono che alle materne – dove i bambini e le bambine non sono e non possono al momento essere vaccinati contro Covid-19 – si sospendano tutte le attività in caso di una positività in classe per 10 giorni. Con un caso positivo alle elementari, invece, scatta la sorveglianza con un tampone al primo e al quinto giorno dalla notizia della positività. Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, chi dovrà fare autosorveglianza avrà diritto a tamponi gratuiti fino a fine febbraio. Con due casi positivi scatta la didattica a distanza. Diversa ancora la regola per medie e superiori: con una positività l’attività didattica prosegue in presenza e si applica l’autosorveglianza con mascherine Ffp2 obbligatorie. Se i casi sono due resta a fare lezione in presenza solo chi ha la terza dose o è guarito da meno di 4 mesi, mentre per non vaccinati e guariti da oltre 120 giorni scatta la dad. Infine nel caso in cui le positività arrivino a 3 scatta la dad per l’intera classe per un massimo di 10 giorni.
Le ordinanze
Il rischio resta quello di andare in ordine sparso da un capo all’altro della penisola. Anche perché non mancano i primi cittadini che stanno emanando ordinanze di rinvio (a giorni, settimane, addirittura mesi) per le rispettive città alla luce del dilagare di Omicron. Mentre il decreto del governo del 5 gennaio scorso mette nero su bianco il «principio base della scuola in presenza» e «regole per l’uso della formazione a distanza», in casi «specifici e mirati» e per «un tempo preciso e situazioni precise», specifica Bianchi.
«Il Governo italiano, nonostante i rischi epidemiologici legati all’ancora basso livello vaccinale dei bambini da 5 a 11 anni, ha deciso di far riprendere le lezioni in presenza da lunedì 10 gennaio. Le vostre preoccupazioni sulla riapertura della scuola sono anche le mie e quelle dei presidenti delle regioni italiane», scrive su Facebook il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. «Le Regioni hanno, invano, richiesto un posticipo della riapertura per avere il tempo di completare le vaccinazioni degli studenti e in particolare quelle dei più piccoli, ma il Governo sul punto è stato irremovibile», prosegue Emiliano, numero due della Conferenza delle Regioni. «Non posso intervenire con un’ordinanza regionale perché lo scorso 6 agosto è stato emanato il Decreto legge 111, (poi convertito in Legge con modificazioni) che consente ai Presidenti delle Regioni di derogare alle disposizioni nazionali solo quando una regione si trova in ‘zona rossa’. La Puglia in questo momento si trova in ‘zona bianca’, ha un tasso di incidenza dei contagi e delle ospedalizzazioni inferiore alla media nazionale e percentuali di vaccinazione sopra la media. Quindi non ci sono i presupposti giuridici», chiosa.
La battaglia dei presidi e degli studenti
Sul piede di guerra ci sono anche i presidi, preoccupati non solo dalla situazione epidemiologica ma anche dalla gestione del monitoraggio dei contagi attraverso i tamponi. «Nelle ultime ore, il numero di studenti positivi, in alcune scuole, ha raggiunto l’ordine delle decine e addirittura centinaia e questo rende quasi impossibile attuare le procedure previste. A mio avviso è molto improbabile che il sistema sanitario, nonostante il supporto delle farmacie nell’esecuzione dei tamponi per gli studenti della scuola secondaria, possa smaltire tempestivamente l’enorme carico di lavoro», ha detto Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi. Dopo aver partecipato alla riunione di ieri al ministero, lunedì 10 gennaio Giannelli avrà un incontro con Bianchi. «La scuola, in questo momento, sta svolgendo una funzione di supporto al sistema sanitario», ribadirà al ministro. E rilancerà la richiesta di fornire «ai dirigenti scolastici indicazioni chiare e applicabili, per garantire una maggiore efficacia nella gestione dei casi che si stanno presentando. Sentiamo il dovere di essere molto chiari nei confronti di famiglie e studenti», ha detto Giannelli.
Docenti, studenti e genitori hanno chiesto al premier, Mario Draghi, «Dad fino al termine dell’emergenza» con una raccolta firme che al momento ha 215mila adesioni e lanciata dal sindacato Unsic. «Siamo per la scuola in presenza, ma l’attuale situazione è deleteria per la didattica e per gli aspetti relazionali, oltre che sul piano sanitario. Rispetto allo scorso anno, in molti istituti le cose non sono cambiate. C’è carenza di docenti e i disservizi sono all’ordine del giorno, come medie di 4-5 studenti positivi per classe», ha detto Giampiero Castellotti, responsabile comunicazione del sindacato. «In molte scuole la situazione è addirittura peggiorata: non vengono più distribuite mascherine, è saltato il tracciamento e una buona parte dei famosi banchetti a rotelle è stata già pensionata. Permangono poi i problemi dei trasporti e degli affollamenti davanti gli istituti. La scuola muove circa 10 milioni di persone, di conseguenza è coinvolta in quasi un contagio su cinque. Attenuare questa fonte di contagio, seppur spesso indiretta, equivale ad affievolire le criticità negli ospedali e nelle famiglie».
I sindacati
«La bozza di circolare applicativa predisposta e presentata dal ministero dell’Istruzione, altro non è che una semplice trasposizione dei contenuti del decreto legge governativo, che non scioglie le criticità e i numerosi dubbi segnalati dalle scuole e che nella sua insufficienza e farraginosità arriva anche troppo in ritardo rispetto alla ripresa del 10 gennaio», ha scritto in un comunicato la Flc Cgil. Il sindacato ha chiesto a sua volta «ancora una volta indicazioni chiare, certezza delle procedure e informazioni puntuali sui dati del contagio nelle scuole e sulle assenze per malattia. Dati che da tempo richiediamo ai rappresentanti del ministero senza ricevere alcuna risposta. Le scuole e i dirigenti non possono essere lasciati soli di fronte a questo momento così difficile, ma anche così prevedibile. Non si può fare della didattica in presenza un mero spot, non sostenuto da nessun intervento efficace come quello della fornitura di mascherine Ffp2 per tutti i lavoratori che abbiamo ancora una volta sollecitato durante l’incontro».
In copertina: Ansa/Matteo Corner
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Scritto da Redazione perwww.open.online il 2022-01-09 21:39:52 ,