I ricercatori del Cchd, hanno scoperto che in due anni 188 dei “centri per gravidanze in crisi” hanno pubblicato su Google annunci per un valore totale stimato di oltre 10 milioni di dollari. Il picco di pubblicità si è registrato circa sei mesi prima della sentenza della Corte Suprema che ha annullato il diritto all’aborto a livello federale negli Stati Uniti. Molte delle false cliniche, che sono registrate come organizzazioni no-profit, hanno anche ottenuto delle sovvenzioni pubblicitarie di Google, riporta il Ccdh.
La strategia della confusione
I ricercatori del Ccdh hanno anche trovato diverse società di marketing che offrono servizi ai “centri per gravidanze in crisi”, tra cui rientrano il supporto per accedere alle sovvenzioni di Google o strategie per garantire che i contenuti delle strutture appaiano accanto alle informazioni sulla salute riproduttiva.
Non è la prima volta che negli Stati Uniti dei finanziamenti pubblicitari offerti da Google vanno a dei gruppi contro l’aborto. Nel 2019, un gruppo di cliniche pro vita gestite da un’organizzazione cattolica aveva ricevuto decine di migliaia di dollari di pubblicità gratuita sul motore di ricerca. Dopo la vicenda, l’azienda ha cambiato le sue politiche, richiedendo alle organizzazioni di segnalare se offrono davvero servizi relativi all’interruzione di gravidanza. Ma il rapporto del Ccdh ha rilevato che a volte le etichette di Google per orientare gli utenti non sono state applicate correttamente, oppure confondono gli utenti.
E la confusione va al di là degli annunci e delle ricerche, arrivando fino a Google Maps, dove i “centri per gravidanze in crisi” compaiono spesso accanto a cliniche legittime. “Per le persone meno esperte di informatica è molto difficile scoprire chi è un fornitore legittimo”, afferma Sanne Thijssen, creatrice di #HeyGoogle, un servizio che mappa i centri che si spacciano per cliniche abortive in tutta Europa. Martha Dimitratou, media manager di PlanC, un’organizzazione no-profit che fornisce informazioni sull’accesso alla pillola abortiva, afferma che l’account Google Ads dell’organizzazione è stato sospeso più di un anno fa per aver pubblicizzato “farmacie non autorizzate”. “Abbiamo provato a fare appello [contro la decisione] molte volte, ma Google non vuole cambiare il sistema“, spiega Dimitratou.
Nel frattempo, Google continua a mostrare gli annunci di “centri per gravidanze in crisi” che indirizzano gli utenti verso siti che promuovono il cosiddetto abortion reversal, un metodo non scientifico per bloccare l’effetto dei farmaci abortivi basato sulla somministrazione di progesterone.
Angela Vasquez-Girouxat, vicepresidente della comunicazione e della ricerca del gruppo per la difesa dell’aborto Naral, osserva che in passato uno studio sull’abortion reversal è stato interrotto perché la tecnica rappresentava una minaccia per la salute delle donne coinvolte. “Immaginate che ci sia uno studio che sostiene che i immunizzazioni sono dannosi per le persone – commenta Vasquez-Girouxat –. Google probabilmente non lo promuoverebbe come una pratica legittima. Però permette a queste organizzazioni di continuare a promuovere l’inversione della pillola abortiva e altre false teorie scientifiche, nonostante siano pericolose“. Il portavoce di Google, Aciman, precisa che Google non consente la circolazione di annunci che promuovono trattamenti di inversione di abortion reversal.
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di Vittoria Elliott www.wired.it 2023-06-24 16:00:00 ,