In una miniera d’oro abbandonata nel nord dell’Ungheria è stato scoperto recentemente un nuovo minerale. Della kanatzidisite – così è stato chiamato – sappiamo ancora poco: che deve il suo nome a Mercouri Kanatzidis, importante professore greco-americano di Chimica alla Northwestern University; che è conservato al museo di Storia naturale dell’Università di Firenze; che appartiene alla categoria dei calcogenuri. I calcogenuri vengono utilizzati nelle celle solari, nei rilevatori di raggi X e di raggi gamma, o anche come materiali quantistici e termoelettrici.
A detta dello stesso Kanatzidis, che ha dato un contributo importante allo studio dei calcogenuri, la kanatzidisite “potrebbe essere una serie di cose: potrebbe essere un buon materiale termoelettrico, in grado di assorbire il calore per creare elettricità. Potrebbe essere un materiale quantistico topologico, che potrebbe venire utilizzato per la conversione dell’energia, o addirittura un superconduttore”.
La scoperta:
Migliorare l’efficienza dei pannelli solari
La kanatzidisite, nera all’aspetto, è rara, ma lo scienziato pensa che potrebbero venirne scoperti nuovi depositi una volta che si capirà dove cercarla. Se le sue proprietà dovessero rivelarsi utili alla creazione di celle solari più performanti sarebbe un’ottima notizia per l’industria, che ha proprio bisogno di nuovi materiali perché la classica tecnologia al silicio si sta avvicinando al limite teorico di efficienza.
In media, un pannello fotovoltaico ha un tasso di conversione dell’energia solare in energia elettrica intorno al 20 %. I dispositivi ad alta efficienza si aggirano sul 23 %. Il record – stabilito nel 2022 dalla cinese Longi, l’azienda più importante del settore a livello globale – è del 26,81 %, vicinissimo al limite del 29 %.
Più una cella fotovoltaica è efficiente e più elettricità riesce a produrre a parità di dimensioni, permettendo l’abbassamento dei costi dei parchi solari e riducendo il consumo di suolo. Per questo l’industria sta lavorando per avvicinarsi alla soglia del 29 % e addirittura superarla, grazie all’uso di materiali alternativi al silicio. Quello più promettente, sul quale si stanno concentrando gli sforzi ingegneristici, è la perovskite: possiede una struttura cristallina e ottime proprietà di assorbimento della luce e di carica elettrica.
Proprietà e difficoltà della perovskite
In teoria, la perovskite è migliore del silicio in pressoché ogni cosa. Ha un’efficienza energetica maggiore, è più facilmente trasportabile, è meglio adattabile a diverse situazioni ed è anche meno dispendiosa da produrre. Il problema è che, per il momento, la tecnologia alla perovskite funziona solo sulla carta e nelle sperimentazioni. Quando i dispositivi fatti di questo materiale lasciano l’ambiente controllato del laboratorio per entrare nel mondo reale, è facile che vengano deteriorati dal calore e dall’umidità (condizioni tutt’altro che rare, nelle aree soleggiate in cui dovranno essere installati).
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di Marco Dell’Aguzzo www.wired.it 2023-11-14 06:00:00 ,