Nello stesso modo una serie tv come Hanno ucciso l’Uomo Ragno può raccontare i rapporti di amicizia e di amore delle generazioni passate, spesso non così distanti da quelli di oggi. “Ho visto nella sceneggiatura dinamiche di amicizia e di rapporti un po’ diversi. Soprattutto nella scansione del tempo. Nel rapporto tra Max e Silvia, che è la ragazza di cui è innamorato alle superiori, si vedono queste dinamiche di attese che oggi non ci sono più. Ed è stato interessante vedere i punti di contatto, invece, e ce ne sono tantissimi. La fase adolescenziale si assomiglia tantissimo in ogni epoca. Certo, negli ultimi 15-20 anni c’è stato un salto enorme con l’avvento del digitale”, ha detto Calgaro.
Tra i format che secondo Calgaro possono rappresentare la parte migliore le nuove generazioni, c’è anche quello della stand up comedy: “Ultimamente mi accorgo che il pubblico diventa sempre più giovane. Ho iniziato a esibirmi quando avevo 15-16 anni nelle piazze e creavo monologhi che potessero divertire gli adulti. Piano piano ho iniziato a frequentare locali e circuiti dove il pubblico era universitario o più giovane. Ho iniziato a cambiare anche il mio repertorio. Il mezzo comico funziona molto. Sento di raccontarmi bene e mi sento molto capito dal pubblico che viene a vedermi”.
Anche nelle serie tv che raccontano i giovani spesso i social network hanno un ruolo sempre più focale, come nella vita reale: “La pressione è principale e la sento anche io”, interviene Nicole Rossi sul tema-. Innanzitutto gli utenti devono capire che per la maggior parte delle persone che seguiamo è un lavoro – continua –. Ergo tutto ciò ce viene pubblicato è il lavoro di un team. Se noi speriamo di avere un risultato estetico simile, con i nostri profili amatoriali, è una cosa che non raggiungeremo mai. Questo crea frustrazione”.
Tra gli aspetti negativi che emergono dall’esperienza sui social di una persona con un grande seguito, Rossi ha parlato della sua storia personale: “Ho iniziato a usare i social come megafono, facevo anche già attivismo a scuola. finché poi ho capito che quello che racconti sui social purtroppo lì rimane. Non ha quell’eco che l’attivismo dovrebbe avere. In più ti prendi la schifezza che arriva quando finisci in “super party” Twitter. Non ve lo auguro mai nella vita. E’ orribile perché vieni vessato da profili fake e non, che cercano le peggio cose su di te per ucciderti da ogni punto di vista. Ho capito che il modo migliore per parlare è parlare. Parlare dal vivo attraverso arte che è immortale e oltre le generazione”.
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di Chiara Zennaro www.wired.it 2024-09-27 12:29:15 ,