di Sandro Iannaccone
Il focus sui telescopi
Astro2020 enfatizza, in particolare, il cosiddetto Great Observatories Mission and Technology Maturation Program, un programma che dovrebbe guidare lo sviluppo di tecnologie ancora prima di focalizzarsi su missioni specifiche. Il primo elemento di questo programma è quello di cui parlavamo all’inizio, ossia la costruzione di un telescopio spaziale di 6 metri di apertura in grado di osservare nell’infrarosso, nel visibile e nell’ultravioletto. Si tratta di un progetto che cade nella prima area tematica, quella dedicata agli esopianeti, e che rappresenta una sorta di compromesso tra due grandi progetti dello scorso decennio, lo HabEx e LUVOIR, rispettivamente telescopi spaziali di 8 e 15 metri di apertura.
Secondo le stime attuali, il progetto proposto dovrebbe raggranellare circa 11 miliardi di dollari entro i primi cinque anni di operazioni. Il lancio è previsto per l’inizio del decennio 2040-2050. Sempre nell’ambito delle osservazioni spaziali ci sono poi due altri telescopi, in grado di scrutare il cielo nei raggi X e nel lontano infrarosso: si tratta delle missioni Lynx e Origins, che dovranno sostituire gli attuali Chandra (che finora, tra l’altro, ha scattato foto incredibili) e Herschel quando sarà il momento del loro “pensionamento”.
Comunque, non di soli telescopi spaziali vive l’astronomia. Nel rapporto trovano spazio anche due telescopi terrestri, rispettivamente il Giant Magellan Telescope, che dovrebbe essere costruito in Cile, e il Thirty-Meter Telescope, a Mauna Kei, nelle Hawaii, o a La Palma, in Spagna: gli esperti immaginano che lavorino di concerto, in un unico programma (il cosiddetto Extremely Large Telescope). E ancora: è menzionato anche il Cosmic Microwave Background Stage 4, concept di una missione che scruterà il cielo per sette anni, dal Polo Sud, e i cui dati saranno integrati con quelli di un altro studio, condotto nel deserto di Atacama, in Cile, per mettere a punto una mappa ancora più dettagliata della radiazione cosmica di fondo, la traccia che rappresenta l’“eco” di quello che accadde nei primi attimi di vita dell’Universo, circa 400mila anni dopo il Big Bang.
Gli altri progetti
Ci sono poi, naturalmente, le onde gravitazionali: il rapporto raccomanda infatti di continuare gli investimenti in Ligo, il network di interferometri che per primi rivelarono le onde gravitazionali nel 2015, e di progettare strutture di nuova generazione. E, nell’area tematica dei nuovi messaggeri, lo studio dei neutrini ad alta energia, per i quali è prevista la costruzione, in Antartide, di un nuovo osservatorio, lo IceCube-Generation 2 Neutrino Observatory, che sostituirà (e migliorerà) l’attuale IceCube. Infine alcuni avvertimenti: oltre alla prevedibile richiesta di aumentare i finanziamenti dedicati alla ricerca in campo astronomico, gli autori del rapporto fanno notare che l’aumento del numero di satelliti in orbita – impossibile non citare, a questo proposito, la “megacostellazione” Starlink di SpaceX – farà sì che la bassa orbita terrestre sarà sempre più affollata, il che potrebbe inficiare le osservazioni da Terra, e chiedono in proposito l’implementazione di un sistema di regole adeguato.
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www.wired.it
2021-11-11 06:00:00