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Nell’Azienda Ospedaliera
Universitaria Federico II di Napoli è stato trattato il primo
paziente con la terapia genica per l’Emofilia A, malattia
emorragica congenita che si associa a sanguinamenti, spesso
spontanei e a volte gravi.
La terapia è stata da poco autorizzata in Italia dall’AIFA e,
con oggi, sono tre i Centri che ne hanno effettuato la
somministrazione (Milano, Padova e Napoli).
La Regione Campania ha svolto un ruolo fortemente attivo nel
garantire l’accensione delle attività e ha individuato nell’Azienda
Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli il centro Hub
per la prescrizione e la somministrazione della terapia genica
e, grazie al costante lavoro ed collisione della Direzione
Strategica dell’Azienda, guidata dal Direttore Generale Giuseppe
Longo e dal Direttore Sanitario Anna Borrelli, è stato possibile
definire un percorso di cura per la terapia genica nell’emofilia
A.
A condurre le attività cliniche, sono stati designati gli
specialisti afferenti all’Unità di Medicina Interna ed
Emo-coagulazione, diretta dal professore Matteo Di Minno (i
dottori Ilenia Calcaterra, Ernesto Cimino, Paolo Conca), il
personale infermieristico (coordinato dal dott. Francesco
Dell’Aquila), e i numerosi specialisti di diverse branche
(epatologi, psicologi, farmacisti e biologi) membri del team
multidisciplinare dedicato.
«Fino a questo momento, i pazienti con emofilia A erano
costretti ad infondersi per via endovenosa il concentrato di
fattore VIII tra le 2 e le 4 volte a settimana come profilassi
per ridurre il numero di sanguinamenti. Il peso di tale terapia,
iniziata alla nascita e continuata per tutta la vita,
compromette la qualità della vita dei pazienti, limitandone le
attività lavorative, sociali e ludiche. Inoltre, i
sanguinamenti, sebbene meno frequenti durante la profilassi, non
sono azzerati e, quando si verificano, comportano ripetuti
accessi in ospedale, giorni persi da lavoro e da scuola e
sviluppo di complicanze irreversibili come l’artropatia
emofilica», spiega il prof. Di Minno.
La terapia genica, ripristinando, quindi, la sintesi del fattore
VIII da parte del fegato, garantisce livelli di fattore VIII
elevati e stabili, consente di far sospendere la profilassi e di
garantire l’assenza di qualunque sanguinamento in circa l’80%
dei pazienti. Inoltre, i dati più recenti confermano il
mantenimento di questo effetto per diversi anni. “Questo
consentirà di fare un importante passo verso l’health equity per
i pazienti affetti da emofilia A”, si sottolinea.
«Come Regione Campania e Azienda Ospedaliera Universitaria siamo
orgogliosi di essere tra i primi in Italia e nel mondo ad aver
dato inizio a questa rivoluzione nel campo della cura per
l’emofilia A. Possiamo davvero affermare che il futuro è
adesso», conclude il Ddrettore Giuseppe Longo.
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