All’asta 30 abiti di scena di Milva, per attivare un Centro di cura con l’arte

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AGI – C’è l’abito scivolato in paillettes rosa con lunghe frange, e due broche gioiello sulle spalline, di Gianfranco Ferré, che Milva indossò a Cracovia nel 1997 quando interpretò “Canzoni tra le due guerre”. E quello in crêpe de chine rosso salmone, di Gattinoni, dell’85, indossato al Festival di Montpellier e in tour con Astor Piazzolla. E ci sono altri meravigliosi vestiti che Milva, scomparsa nell’aprile del 2021, in seguito a una malattia neurologica degenerativa, ha sfoggiato durante la sua lunga carriera.

La figlia, Martina Corgnati, ne ha donati in tutto 30, all’Associazione Qualia, che insieme a MediCinema, li ha messi all’asta per realizzare, con il ricavato, una serie di luoghi di cura con l’arte: è il progetto Ricuci (cioè ‘ricrearsi e curarsi con il cinema’).

Di questo si è parlato in conferenza stampa al Teatro Franco Parenti, dove sono in mostra i ‘memorabilia’ che il 5 aprile, dalle 18,30, saranno offerti all’asta da Cristhie’s (che rinuncia ai diritti d’asta). Difficile fare una stima del valore di questi abiti, sono tutti firmati da grandi stilisti, da Armani a Ferré, da Gai Mattiolo a Gattinoni e Versace, e hanno fatto parte della carriera di una delle protagoniste più amate della musica e del teatro europeo, dunque di certo “non valgono meno di 10 mila euro” ognuno, ipotizzano gli organizzatori. Che si dicono molto ottimisti per la vendita, in quanto “Le manifestazioni di interesse sono già arrivate numerose. Ci saranno molte offerte, da semplici ammiratori di Milva, ma anche da fondazioni e stilisti come il gruppo Gucci”. 





Abiti Milva asta per Centro cura

©  annalisa cretella



abiti di Milva all’asta






“Mettiamo all’asta questi abiti per trovare le risorse che servono a costruire un centro intitolato a mia madre – spiega Martina Corgnati -, destinato a persone con deficit neurologici e cognitivi, dove il rapporto con l’arte, con il cinema e la pittura, possa indurre un sollievo, un miglioramento della qualità della vita”.

E’ di questo che si occupa la professoressa Gabriella Bottini (che per oltre 15 anni ha avuto in cura Milva), con la sua associazione, Qualia, presente all‘ospedale Niguarda. “Le malattie degenerative sono in aumento, colpiscono il 20-25% degli ultra ottantenni” ricorda. Dunque, reperire fondi per la ricerca scientifica, nell’ambito delle neuroscienze cognitive, che si occupano di patologie con grande impatto sociale come l’Alzheimer e le demenze in generale, sta “diventando una vera emergenza italiana”. Nello stesso ospedale, si trova l’altra associazione coinvolta nel progetto: MediCinema, fondata dalla professoressa Fulvia Salvi nel 2013, che utilizza la settima arte, il cinema, come terapia e percorso riabilitativo. Insieme, Qualia e Medicinema intendono creare una serie di luoghi di cura, non solo in Lombardia, per gli ammalati e i cargiver, per una “umanizzazione della cura”.





Abiti Milva asta per Centro cura

© annalisa cretella



abiti di Milva all’asta






“Milva, dolorosamente, è stata testimonial diretta di queste patologie” neuro-degenerative, ricorda Bottini, “e l’ispiratrice anche dei progetti che vogliamo sviluppare e desideriamo intitolare a lei”.  

“La vita con mia madre è stata lunga, aveva solo 24 anni quando io sono nata – interviene Martina -. Più che gli ultimi 15 anni, oggi voglio ricordare una persona che ha saputo cogliere le sfide dell’esistenza, tenace, coraggiosa e generosa”. Con il progetto di oggi “penso di aver raccolto lo spirito di generosità che animava lei e tutta la mia famiglia, nel tentativo di far ricordare mia madre certamente, ma anche di trasformare un patrimonio di oggetti e memorie in risorse per il nostro paese che ne ha bisogno. Ha bisogno di raccogliersi in una compattezza e solidarietà”. 

“Sono una storica dell’arte, non un medico – aggiunge – e penso che l’arte in tutte le sue forme, le arti visive, la musica, il teatro, il cinema, possano collaborare e dare sollievo, arricchire l’esperienza di vita anche delle persone con deficit cognitivi progressivi. Chi è accompagnato a un museo, al cinema, noi ci andavamo spesso, vive meglio anche nella debolezza indotta da questa pervasiva e terribile malattia“. 



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