di Chiara Dilucente
Oltre a Covid-19, c’è un’altra pandemia di cui dobbiamo tenere conto, che agisce più silenziosamente ma non per questo meno pericolosa: si tratta dell’antibiotico-resistenza, la capacità dei batteri di sfuggire ai farmaci diretti contro di essi. La resistenza agli antibiotici è da tempo un’emergenza globale, che si traduce in infezioni durature, degenze ospedaliere prolungate e, nei casi peggiori, decessi che si sarebbero potute evitare se solo i farmaci avessero sortito l’effetto sperato.
Sebbene siano stati già fatti studi per stimare l’onere totale di questo fenomeno sulla salute pubblica globale, recentemente sulla rivista The Lancet è stato pubblicato lo studio più ampio e completo sugli effetti dell’antibiotico-resistenza nel mondo: secondo i risultati della ricerca, a cura dell’Antimicrobial Resistance Collaborators, nel 2019 ci sono stati 1,27 milioni di decessi dovuti alla resistenza agli antibiotici, un valore che ammonta quasi alla somma delle decessi dovute all’infezione da Hiv e malaria nello stesso anno.
Una minaccia per la salute pubblica globale
L’antibiotico-resistenza è ritenuta una vera e propria minaccia per la salute pubblica globale: si tratta di quel fenomeno che si verifica quando i batteri mutano in modo che i farmaci usati per trattare le infezioni – gli antibiotici – non funzionino più come dovrebbero. Questo si traduce in infezioni batteriche più difficili da eradicare, costi sanitari (dovuti a degenze ospedaliere notevolmente prolungate) e costi umani elevatissimi.
Secondo la Review on Antimicrobial Resistance, lavoro commissionato dal governo del Regno Unito nel 2014, nel 2050 l’antibiotico-resistenza potrebbe essere responsabile della morte di 10 milioni di persone all’anno. La resistenza agli antibiotici colpisce particolarmente i paesi del mondo più poveri, che hanno scarso accesso ai cosiddetti antibiotici di seconda linea, i farmaci che potrebbero funzionare quando gli antibiotici normalmente utilizzati – quelli di prima linea – falliscono, ma decisamente più costosi. Il problema rimane comunque globale e urgente: se non controllata, la diffusione dell’antibiotico-resistenza potrebbe rendere in futuro batteri al momento innocui o poco patogeni molto più letali.
Uno sforzo ambizioso
È per tutti questi motivi che da tempo si cerca di capire l’effettiva entità dell’antibiotico-resistenza a livello globale, le differenze nelle diverse aree del mondo e le combinazioni di batteri e farmaci che sono maggiormente a rischio di sviluppare resistenza. Avere una stima precisa, però, è tutt’altro che facile: le analisi di questo tipo effettuate in precedenza sono state messe in discussione da dati poco affidabili sulle infezioni, che hanno inciso notevolmente sulla misura dell’effettiva resistenza agli antibiotici.
Il team internazionale di ricercatori, guidato da Christopher Murray, ha cercato di superare queste difficoltà e compiere uno sforzo decisamente ambizioso. Come spiegano nell’articolo, Murray e colleghi hanno stimato, in 204 paesi del mondo, il carico relativo alla malattia avuto nel 2019 per 23 agenti patogeni (tra cui, per fare qualche esempio, Escherichia coli, Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa) e 88 combinazioni diverse di batteri e antibiotici. I dati, derivanti da revisioni sistematiche della letteratura scientifica, da ospedali e sistemi di sorveglianza, hanno permesso di ottenere sia una stima sia delle decessi attribuibili all’antibiotico-resistenza (dovute cioè a infezioni che non è detto fossero effettivamente resistenti) sia dei decessi direttamente associati a questo fenomeno.
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www.wired.it
2022-01-20 16:35:04