Arezzo, paziente con la sindrome di Down sconfigge il Covid-19 dopo 3 mesi in ospedale

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Fabrizia ha trascorso 3 mesi nell’ospedale San Donato di Arezzo. Ha 62 anni e vive con la sorella Cinzia. La donna ha combattuto a lungo contro una severa forma di Covid-19. A complicare il tutto la sindrome di Down che da sempre le impedisce di farsi capire chiaramente con le parole. La sorella Cinzia, che le è stata accanto per tutti i 93 giorni di ricovero, ha raccontato il lungo percorso di recupero e rieducazione funzionale che Fabrizia ha dovuto affrontare dopo il virus. “All’inizio dell’emergenza Covid ci siamo trasferiti per maggiore prudenza in compagna – spiega la donna – ma gli sforzi sono stati inutili perché Fabrizia, come il resto della famiglia, è stata contagiata dal virus”. Il 23 marzo viene ricoverata con la sorella nel reparto di malattie infettive. “La mia preoccupazione era tanta. Eravamo in un ambiente sconosciuto;  in sale molto grandi, con persone che non potevamo vedere in faccia. Io ero vicino a lei ma le sue condizioni si sono aggravate e in più non accettava il casco o la posizione prona. L’equipe ha fatto tutto il possibile per aiutarla anche con un atteggiamento affettuoso”.

Nonostante gli sforzi dei medici, Fabrizia peggiora ancora e finisce in terapia intensiva. Qui viene intubata e tracheotomizzata. Cinzia seguiva i suoi progressi con chiamate quotidiane in reparto. Per affrontare il brutto momento ha avuto anche il sostegno della psicologa dell’Asl secondo il percorso previsto per i parenti. Fabrizia è stata in rianimazione fino al 27 aprile, quando viene trasferita in pneumologia. Il 31 maggio, finalmente, passa al reparto di recupero e rieducazione per l’ultimo step, durato più del previsto. Il 26 giugno, finalmente, Fabrizia ha potuto tornare a casa e riabbracciare i suoi cari. Cinzia ha tirato un sospiro di sollievo. “Ringrazio tutti i medici, infermieri, fisioterapisti, operatori sanitari e tutte le persone che hanno avuto cura di mia sorella – dichiara la donna -. Sono consapevole che Fabrizia non è stata una paziente come le altre. Se capita a noi di andare in ansia per un ricovero, proviamo a immaginare cosa accade a una disabile che viene sradicata da un ambiente che riconosce come sicuro e protetto per arrivare in un reparto Covid dove la vita si vive minuto per minuto e non puoi vedere in faccia le persone che sono attorno a te”.





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