Il legale dell’ex consigliere: «Una stupidaggine indagarlo per rivelazione di segreto d’ufficio. Davigo è l’uomo più limpido d’Europa. Non c’è neanche una nube nel pensiero di Davigo»
E adesso è pressing al Consiglio superiore della magistratura. Saranno sentiti a decine i magistrati della Procura e anche del Tribunale di Milano per chiarire gli strascichi lasciati dal caso Davigo-Storari. Ovvero l’iniziativa del pm milanese Paolo Storari, stanco di un asserito «immobilismo» del procuratore Francesco Greco, di consegnare a Piercamillo Davigo, allora consigliere Csm, verbali segreti. Quelli in cui il faccendiere Piero Amara, poi arrestato, svelava l’esistenza della presunta loggia denominata Ungheria, composta anche da magistrati e consiglieri Csm, e dedita a pilotare indagini. Per l’uso di quei verbali, che in seguito finirono ai giornali spediti da un anonimo, Davigo è ora indagato dalla Procura di Brescia per rivelazione di segreto d’ufficio. Una ipotesi che lascia «sorpreso» il suo legale, Francesco Borasi: «Nutro una perplessità profonda sui fatti contestati», dice. E, all’AdnKronos aggiunge, citando Fouché: «È molto peggio di un crimine, è una stupidaggine. Questo sì lo posso dire. Davigo è l’uomo più limpido d’Europa. Non c’è neanche una nube nel pensiero di Davigo».
L’ex pm di Mani Pulite ha sempre rivendicato la sua correttezza, nel suo ruolo di consigliere Csm, per aver parlato di quei verbali con il vicepresidente David Ermini, con il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio, con il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, titolare dell’azione disciplinare, con il presidente della commissione antimafia, Nicola Morra e con diversi consiglieri. Per ultimo con Nino Di Matteo che, unico, rese pubblica in plenum la vicenda dopo aver presentato un esposto alla Procura di Perugia, competente delle indagini sui magistrati romani. Ponendo fine a quel giro vorticoso di verbali nell’ombra di palazzi istituzionali. L’indagine della prima commissione del Csm non si sovrapporrà all’accertamento penale dei fatti. Ma sarà ad ampio raggio per capire quali effetti hanno prodotto lo scontro di vedute tra il procuratore Greco e il pm Storari, la cui eco è stata amplificata dall’intervento di Davigo, ora sotto accusa. Si vuole capire quale clima ha generato nella cittadella giudiziaria. Se ha scosso la serenità delle indagini. E chi ora è incompatibile con quell’ambiente.
Oltre a pm e giudici, saranno ascoltati i procuratori aggiunti e, al termine, sarà convocato lo stesso Greco, che il 14 novembre compirà 70 anni e lascerà comunque l’incarico per la pensione. Intanto proseguono parallelamente le indagini per accertare chi spedì quei verbali con tanto di nota di accompagnamento che puntava il dito contro il procuratore Greco. La Procura di Roma accusa di calunnia la segretaria di Davigo al Csm, Marcella Contrafatto, che attende la conclusione degli accertamenti tecnici per rivendicare la propria estraneità. E a Perugia va avanti l’inchiesta sulle rivelazioni di Amara relative alla loggia Ungheria. La procura diretta da Raffaele Cantone ha appena chiesto una proroga per i tempi di indagine. Anche lì sono stati sentiti diversi consiglieri Csm. Alcuni come Di Matteo e Sebastiano Ardita, perché si sono spontaneamente presentati a dire tutto ciò che sapevano su calunnie e altro.
La notizia di Davigo indagato, data in esclusiva dal Corriere della Sera, ieri ha scatenato commenti velenosi contro il «Dottor sottile», considerato l’emblema del giustizialismo. Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione Camere penali, rimarca: «Da questo momento il dottor Davigo è assistito da una presunzione di non colpevolezza, che è una cosa che immagino lo metta un po’ a disagio, ma magari ne apprezzerà finalmente l’importanza». Che dovesse essere iscritto nel registro degli indagati, continua Caiazza, «lo scrissi dopo aver letto le dichiarazioni del presidente antimafia Morra che disse di avere avuto da lui le carte in mano nelle scale. Non so se a Davigo contestano quello o di averle date al Csm, comunque qualunque altro cittadino in quel contesto sarebbe stato iscritto». Il renziano Ettore Rosato rinfaccia: «Per i giustizialisti sarebbe già condannato. Ma noi crediamo nella Costituzione, nell’articolo 27, nella civiltà giuridica che rappresenta». Jacopo Pensa, legale di Attilio Fontana la mette giù, ironicamente (e velenosamente), in versi: «Io non godo proprio mai/se qualcuno sta nei guai/ma se lui da sempre dice/che l’avviso fa felice/io aderisco al sentimento/e anch’io sono contento».
17 luglio 2021 (modifica il 17 luglio 2021 | 23:48)
© RIPRODUZIONE RISERVATA