Avio porta il made in Italy sulla rampa di lancio verso lo spazio | Wired Italia

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Stiamo lavorandoci su due fronti: il primo è contrastare il sovraffollamento delle orbite, in particolare quelle più prossime alla Terra, che necessitano con fretta crescente la rimozione dei detriti. Vega fu dapprincipio concepito per essere compatibile con i servizi orbitali, dal refueling di satelliti operativi alla rimozione di quelli a ‘fine vita’. Finalmente stiamo arrivando al dunque: nel 2026, per l’Esa, lanceremo una missione con un sistema, realizzato dalla svizzera Clearspace, capace di riportare un detrito nella nostra atmosfera”.

L’altro versante è quello ecologico e prevede l’utilizzo di lanciatori a basso impatto ambientale, ma anche lo sviluppo di tecnologie riutilizzabili: “abbiamo già testato con successo l’M10, il primo propulsore europeo a metano e ossigeno liquidi. Con un finanziamento del Pnrr di 400 milioni, realizzeremo un prototipo di razzo e due voli sperimentali entro due anni”.

Il nuovo motore spingerà lo stadio superiore del Vega E, la prossima evoluzione del Vega C. “Grazie al finanziamento pubblico abbiamo anche deciso di partire da questo propulsore per sviluppare un sistema di lancio completamente basato sul metano: si chiamerà Ifd, o In Flight Demonstrator, e non escludo possa aprire una linea di prodotto innovativa, più pulita e meno costosa”.

Riutilizzabile?Lo capiremo dopo i test, ma sarà una strada che questo tipo di tecnologia renderà percorribile. Sarebbe il caso di riflettere sul mantra, oggi di moda, della riusabilità, per ora concretizzato solo dai Falcon9 di SpaceX: in Europa questo approccio fu escluso non perché lo ignorassimo, ma per questioni di mercato. Oggi, grazie a costellazioni satellitari come Iris², qualcosa potrebbe cambiare, sebbene sia doveroso ricordare che gli Stati Uniti investono nello spazio 100 miliardi di dollari ogni anno. In Europa non superiamo i 16. Con Ifd sperimenteremo il rientro del primo stadio e la riutilizzabilità. A quel punto capiremo se la prossima generazione di lanciatori europei potrà economicamente sostenerli”. Un mercato che, almeno per quanto riguarda la pulizia delle orbite, promette di crescere.

Nel 2026, con Clearspace, Avio prenderà parte della prima missione Esa per rimuovere space debris (immagine: Clearspace)

Le prospettive

Sebbene oggi manchi, sono certo si arriverà a un business model definitivo. Credo sia plausibile, molto presto, che chiunque operi nello spazio sia tassato affinché una parte dei costi sia impiegata nella rimozione dei rifiuti extra-atmosferici”. È un ambito in cui Avio punta a muoversi in anticipo sfruttando anche in questo caso le risorse del Pnrr, che con un finanziamento da 235 milioni prevede un altro progetto, chiamato In Orbit Service Module, in cui l’azienda sarà partner di Thales Alenia Space e D-Orbit nella realizzazione di un sistema in grado di offrire una gamma completa di assistenza in orbita ai clienti. “Sarà un modulo più complesso rispetto a quello di Clearspace, perché più versatile: potrà rifornire i satelliti o scortarli in atmosfera quando non più operativi. L’interesse è comune: lo spazio deve rimanere libero per essere operato in sicurezza”.

La garanzia di uno spazio preservato dagli space debris costituisce per Ranzo uno dei quattro trend che cadenzeranno l’innovazione spaziale negli anni imminenti, insieme con le telecomunicazioni via broadband, con l’osservazione della Terra grazie alla tecnologia radar di nuova generazione a basso costo, e con il rinvigorito interesse per l’esplorazione spaziale: “torneremo sulla Luna e andremo oltre, con grandi programmi come Artemis o Mars Sample Return. Questo darà vita a un’ampia serie di applicazioni, come il trasporto interplanetario, che spero ci vedrà coinvolti con un ruolo importante”.

Manfredi, il decenne figlio di Ranzo, ne sarebbe orgoglioso. E la sua maestra non avrebbe di che preoccuparsi.



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di Emilio Cozzi www.wired.it 2023-06-03 15:00:00 ,

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