Bettini lancia la sua Agorà, think tank di sinistra distante da Letta

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I punti chiave

  • Contro la vocazione maggioritaria cara a Letta
  • Bettini e il Pd come gamba di sinistra dell’alleanza con il M5S
  • L’agenda del Conte 2 e l’agenda Draghi

Classe 1952, titolo di studio diploma di liceo scientifico, professione funzionario di partito. Il partito è il vecchio Pci, Pds, Ds e poi faticosamente Pd. E lui, Goffredo Bettini, è da lustri l’indiscusso dominus del “partito” a Roma. Creatore o co-creatore delle storiche candidature di Francesco Rutelli e Walter Veltroni nella Capitale, è stato il principale consigliere politico di Nicola Zingaretti durante la sua segreteria: lo ha candidato più volte a fare il ministro del governo Conte e ora lo candida a fare il sindaco di Roma nonostante i molteplici – fin qui – dinieghi dell’interessato, che si dice pago del suo lavoro di presidente della Regione Lazio in prima fila nella lotta contro il Covid e nella campagna di vaccinazione di massa.

Contro la vocazione maggioritaria cara a Letta

Vicino a Massimo D’Alema (e val la pena qui ricordare che l’ex premier diessino non ha mai creduto troppo al progetto di unire le varie culture riformiste nel Pd, definito a suo tempo “un amalgama mal riuscito”), ora Bettini è il principale ispiratore della corrente di sinistra del partito che proprio in queste ore si raccoglie ufficialmente nel think tank “Agorà”. Con l’obiettivo di tornare a parlare agli ultimi, ai lavoratori, agli esclusi, al “popolo” genericamente inteso rinunciando – è il sottinteso – a rappresentare tutte le categorie produttive e sociali e lasciando ad altri, agli alleati, l’occupazione dell’area moderata e di centro della politica: esattamente l’opposto della vocazione maggioritaria del Pd che il neo segretario Enrico Letta vuole resuscitare anche grazie alla riforma della legge elettorale in senso fortemente maggioritario (il vecchio Mattarellum, ad esempio, con il corpo a corpo frontale nei collegi uninominali).

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Bettini e il Pd come gamba di sinistra dell’alleanza con il M5s

Nei mesi scorsi Bettini aveva investito addirittura l’arcinemico Matteo Renzi del compito di rappresentare, da alleato del Pd, il centro politico. Poi è andata come è andata, con la caduta del governo giallorosso e la nascita della grande coalizione che sostiene Mario Draghi, e ora questo compito è assegnato nella visione bettiniana a Giuseppe Conte e al suo progetto di M5s 2.0, Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista permettendo. La fascinazione contiana è anzi così forte che Bettini è la prima delle “vedove di Conte” quando sostiene – la notizia è di poche ore fa – che il Conte 2 è caduto per una sorta di complotto internazionale: «È caduto per una convergenza di interessi nazionali e internazionali che non lo ritenevano sufficientemente disponibile ad assecondarli e dunque, per loro, inaffidabile». Parole che sono risuonate quantomeno stridule sia a Palazzo Chigi – il sottinteso è che Draghi è stato messo lì perché più accondiscendente rispetto ai non meglio specificati “interessi” nazionali e internazionali – sia a Largo del Nazareno.

L’agenda del Conte 2 e l’agenda Draghi

Già, perché Letta ha fatto dell’agenda Draghi l’agenda del Pd e, nonostante il noto giudizio su Renzi, pensa che il Conte 2 sia caduto semplicemente perché non aveva più i numeri in Parlamento. Quindi per motivi politici e non per fantasiosi complotti. Ricapitolando: Letta ha preso il timone del Pd dichiarando guerra alle correnti (non a caso vuole usare lo strumento del referendum tra gli iscritti sui temi politici previsto dallo statuto e fin qui mai usato) e Bettini inaugura una nuova corrente; Letta fa sua l’agenda Draghi e Bettini innalza la nostalgia del Conte 2 a paradigma politico; Letta vuole restituire al Pd la sua vocazione maggioritaria, ossia l’ambizione di parlare a tutto il Paese e non solo ad alcune categorie economiche e sociali, e Bettini immagina una divisione dei ruoli tra un Pd tutto spostato a sinistra e un M5s 2.0 neo centrista.

Il segretario dem derubrica e fa buon viso a cattivo gioco

Come si vede le distanze sono enormi, e Letta per di più non si fida della filiera bettinian-dalemiana che occupa il partito romano. Eppure il segretario dem il 29 aprile sarà ospite di Bettini in un confronto organizzato dalla neo corrente Agorà con Conte. Nessun timore, si fa sapere da Largo del Nazareno: il «rispetto» per Conte non è in alcun modo ostativo al «solido sostegno» a Draghi. Un democristianicissimo Letta fa dunque buon viso a cattivo gioco e va avanti per la sua strada: del M5s e di Conte il Pd ha bisogno per non perdere la sfida delle prossime comunali di ottobre, il resto si vedrà. Di certo per il segretario dem Conte non è il punto di riferimento dei progressisti e il federatore del campo del centrosinistra come solo qualche settimana fa sosteneva lo stesso Zingaretti, ispirato appunto da Bettini: quel punto di riferimento c’è già ed è il Pd, e il federatore è Letta stesso.



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