Ospite nell’ultima puntata del podcast “Passa dal BSMT” di Gianluca Gazzoli, Gigi Buffon ha parlato di tantissimi argomenti, dallo scudetto 2002 alla B con la Juve, alla nazionale fino a una proposta dall’Arabia arrivata dopo il suo ritiro. E soprattutto ha esposto il suo punto di vista sulle scommesse, il caso che ha travolto Fagioli e Tonali e ha sconquassato il calcio italiano durante lo scorso autunno.
Le scommesse nel calcio
“Seppur non l’abbia fatto vedere” spiega Buffon, accostato più volte durante la sua carriera al tema delle scommesse, “è stato uno dei momenti nei quali mi sono sentito più offeso in vita mia, nel mio orgoglio. Non mi sono neanche speso in polemiche o quant’altro perché dovevo cominciare sempre delle competizioni importanti: l’equilibrio mentale è fondamentale, e quindi non potevo ingaggiare duelli dialettici perché volevo canalizzare le mie energie sul campo. Ma dal punto di vista personale è stato offensivo, clamoroso per chi mi conosce. Ora è capitato a questi ragazzi: sono usciti 100 nomi, ma alla fine ne son stati squalificati due, e gli altri se li ricordano tutti ma nessuno ha chiesto scusa. Una cosa che si può dire: in Italia tutti diventano bacchettoni quando si parla di scommesse, ma poi si va a fare la schedina, il gratta e vinci e così via. Ma io non condanno quelle dinamiche, perché il gioco è una parte importante della vita. Nella vita è bellissimo far le cose seriamente, il sudore, la sofferenza, ma c’è anche il piacere nella vita. Io non condanno se una persona compra il gratta e vinci e sogna di diventare re. Poi si è parlato di ludopatia, ma non è che se uno spende tot è ludopatico e se spende 1 centesimo in meno perché non ha le possibilità non lo è. Secondo me la ludopatia è quanto tempo dedichi a certe cose, non quanto spendi”.
La Serie B
“Nei momenti duri non mi sono mai girato dall’altra parte, alla fine dei conti viene fuori chi si è veramente” ha proseguito Buffon, “la Serie B fu un’occasione per dimostrare come sia possibile giocare anche per altri valori. Se lo rifarei? Altre 100 volte, anche se dal punto di vista della carriera qualcosa mi è costato, visto che per anni sono stati al di fuori del miglior panorama calcistico europeo. Dopo la vittoria del Mondiale, andai in sede e percepii un’aria di dismissione, era un cataclisma. Parlai con Alessio Secco, che era il direttore, e dissi che se a loro fosse interessato io sarei rimasto. Secondo me non si aspettavano da parte mia una risposta del genere. Da lì, poi, si è ripartiti”.
Lo scudetto 2002
“Il successo più bello? Sicuramente c’è il primo scudetto vinto, quello del 5 maggio a Udine” confessa Buffon “perché era inaspettato. Ma anche il primo con Conte: fu una cavalcata magica, lo considero lo Scudetto della tenacia. Lui era come un elettroshock, grazie al suo essere carismatico e al suo essere leader ci ha scosso, insegnandoci un gioco differente. Poteva essere un punto interrogativo, perché in quel momento non aveva grandissima esperienza da allenatore, ma fu molto bravo nel convincerci con le sue proposte di gioco. Venivano da due settimi posti, ma io ero sicuro che saremmo arrivate tra le prime due in classifica. Il Milan quell’anno era più forte di noi, ma certe cose le percepisci subito”.
La proposta araba
“Tornare al Parma è la scelta di cui vado maggiormente orgoglioso” conclude Buffon, “avevo 43 anni, mi sarei potuto fermare o concludere alla Juventus. Però in questi casi viene fuori l’indole e volevo chiudere a modo mio, sentendomi ancora protagonista. Mi erano arrivate anche chiamate per giocare la Champions, ma poi è arrivato il Parma e mi son detto che quella era la fine migliore che potessi fare, perché a Parma ho vissuto grandi soddisfazioni e sarebbe stato bello riabbracciare quella gente. Non è andata come speravo, volevo tornare in Serie A, ma lì mi son regalato due anni splendidi. Proposta dall’Arabia dopo Parma? Mi è arrivata quando avevo deciso di smettere. Ci sono delle priorità, smettere di giocare per me era farlo a Parma: non avrei avuto lo stesso rispetto per me stesso”.