I big della politica nazionale a sostegno dei candidati a presidente della Regione fanno bagni di folla in Calabria, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, da Giuseppe Conte a Enrico Letta, Nicola Zingaretti compreso. Ma i singoli aspiranti governatori da soli non riempiono le piazze. Il quadro politico confuso non appassiona più di tanto i cittadini chiamati al voto il 3 e 4 ottobre per il rinnovo del consiglio regionale. Una consultazione decretata a seguito della prematura scomparsa dell’ex presidente Jole Santelli nell’ottobre dello scorso anno, a nove mesi dalla sua elezione. Nelle urne si voterà anche per il rinnovo di 82 consigli comunali. Unica città capoluogo Cosenza in cui si conclude il mandato del sindaco Mario Occhiuto.
Il mantra della sanità allo sfascio
Per tutti i 4 candidati – Roberto Occhiuto, sostenuto dalla coalizione di centrodestra, e sul fronte opposto, Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, appoggiato da sei liste civiche, Amalia Bruni, la neuroscienziata su cui puntano Pd e M5S, e Mario Oliverio, ex presidente della Regione dal 2015 al 2020, con una lunga esperienza politica alle spalle dal Pci al Pd – il leitmotiv è la sanità allo sfascio, sconquassata dal Covid e da 11 anni di commissariamento. Un mantra che si ripete da una coalizione all’altra. È il tema politico dominate, affrontato in qualche caso con effettiva cognizione di causa, in altri è solo un riempitivo del programma elettorale.
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Migrazione sanitaria e commissariamento
Ma si tratta davvero di un nodo decisivo, visto che il settore pesa sulle casse della Regione per oltre 300 milioni di euro, che rappresentano quasi il 70% del bilancio dell’ente. Un risultato che è l’effetto di una inarrestabile migrazione sanitaria, che ha arricchito negli anni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Lazio, regioni in cui i calabresi hanno scelto di curarsi (53.886 interventi fuori dalla Calabria nel 2019). E rappresenta emblematicamente l’esito di un commissariamento scellerato e reiterato per più di 11 anni (con tanto di decreti ad hoc) che, per risanare il debito ha chiuso 18 ospedali e bloccato le assunzioni, determinando il caos su tutto il territorio. In più le Asp sciolte per mafia e prive di bilanci, di cui è impossibile ricostruire la contabilità (il debito di quella di Reggio Calabria, ad esempio, supera 1 miliardo di euro). Il Covid ha fatto il resto. Ora si attendono i fondi del Pnrr.
Quattro candidati per restituire il diritto alla salute ai calabresi
Il centrodestra candida Roberto Occhiuto, fratello di Mario, primo cittadino del capoluogo bruzio, capogruppo di Forza Italia alla Camera, che si propone di dare seguito all’esperienza di Jole Santelli: «Ripartiremo dalla sanità. Ci batteremo per la fine del commissariamento ma soprattutto perché ai posti apicali ci siano persone competenti», ha dichiarato. Dallo schieramento opposto gli fanno notare però che quando l’ex governatore Giuseppe Scopelliti dava il via al commissariamento, smantellando la sanità pubblica, Occhiuto lo supportava. È Luigi De Magistris a esprimersi in questi termini. Il primo punto del suo programma è dedicato alla sanità: «Pensiamo a un modello capace di intervenire tempestivamente ed agilmente sui bisogni della cittadinanza. In questi anni ai cittadini calabresi è stato di fatto negato il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione ed è proprio dai cittadini che vogliamo e dobbiamo ripartire per dare dignità e credibilità al Sistema Sanitario Regionale».
Oliverio, «la beffa dei governi romani»
Per Mario Oliverio, tagliato fuori dal “suo” Pd, che in Calabria non ha indetto le primarie, la sanità è un vecchio cavallo di battaglia: durante il suo governo si è sconfitto strenuamente contro il commissariamento che esautorava di fatto la Regione. Proprio all’inizio del suo mandato è cambiata la legge che attribuiva al presidente di Regione la funzione di commissario (2015). Successivamente il Consiglio dei ministri ha varato il primo decreto Calabria, provvedimento urgente con cui prendeva in mano tutta la sanità calabrese. Il primo, poi anche il secondo, che rafforzava i poteri del commissario. Entrambi portano la firma di Giuseppe Conte, premier del governo giallo-verde (M5S e Lega) e poi di quello giallo-rosso (M5S e Pd). Così, da un commissario di governo all’altro, la situazione è precipitata. «La beffa dei governi romani», la definisce Oliverio che ritiene di essere stato fermato da «un complesso sistema di interessi, anche e soprattutto in ambito sanitario, che gestisce i vertici dei partiti».