C’mon C’mon, un’opportunità preziosissima – 2duerighe

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Disponibile nelle sale italiane da aprile 2022 C’mon C’mon è un film scritto e diretto da Mike Willis. Raccontando il tempo che trascorrono insieme Johnny e Jesse, ovvero zio e nipote, interpretati da uno stupendo Joaquin Phoenix e da uno scioccante e incredibile Woody Norman, l’opera offre un’opportunità davvero unica di compiere un viaggio profondo nelle emozioni e nella natura umana stessa, mettendo in luce aspetti e problematiche psicologiche e sociali troppo spesso ignorate o affrontate con superficialità.

La responsabilità, la vita, la sofferenza, la genitorialità sono tutti argomenti delicati che vengono affrontati nel dialogo tra la prospettiva di un adulto e quella di un bambino, che si ritrovano a cercare di capire insieme questo mondo di complesse relazioni ed emozioni; nello specifico non si tratta affatto di una storia in cui un adulto aiuta un bambino ad orientarsi, forse anzi è più vero il contrario. I due si completano a vicenda e completano le loro prospettive; ad ogni argomento od ostacolo superato insieme si percepisce la nascita di un qualcosa di inspiegabile e pregiato, un tassello nella loro identità, una manifestazione quasi reale anziché astratta di fiducia, sicurezza e consapevolezza.

Ciò che è davvero sorprendente in C’mon C’mon è quanto l’opera riesca così bene nell’intento di coinvolgere il pubblico rendendolo quasi una parte essenziale dello spettacolo, regalando un’esperienza profondissima, toccante e indimenticabile per l’anima di qualunque umano che volesse essere un po’ più umano, e riflettere su questa contraddittoria e commovente natura, o come direbbe giustamente il piccolo Jesse «bla bla bla bla».

La trama e le tematiche

C’mon C’mon è una di quelle opere che non si concentra troppo sulla trama, un po’ come per Romeo e Giulietta o This must be the place conoscere anche nel dettaglio la vicenda non andrà ad intaccare l’impatto emotivo della stessa. Il centro del film in questo caso è narrativamente il rapporto tra zio e nipote, ma tematicamente l’incontro di due prospettive che troppo spesso non comunicano adeguatamente e che si tende a tenere ben separate, quella adulta e quella del bambino.

Una grande parte dei disturbi mentali, tic, ossessioni e blocchi che tormentano molte persone sono riconducibili a traumi vissuti in età infantile, cioè eventi appunto traumatici e scioccanti che i bambini non hanno ancora gli strumenti per elaborare; Johnny e Jesse scoprono di essere molto simili per carattere ed indole, ma anche per le loro ferite. Johnny è un adulto gentile e appassionato ma sembra non aver fatto pace con il suo lato infantile, Jesse è un bambino al centro di dinamiche molto adulte, dolorose e complesse e nonostante sia estremamente intelligente non ha tutti gli strumenti necessari a superare un momento così difficile.

Entrambi sono come incompleti, ed è anche per questo forse che sono così interessati a portare avanti questo dialogo che prosegue per tutta la loro convivenza; ovviamente esso è possibile solo perché Johnny accetta di farsi carico della gestione del loro rapporto in quanto adulto, e col tempo vince le sue resistenze e le sue insicurezze, dando modo a Jesse di essere sempre più libero di esprimere ciò che prova e di avere fiducia in lui. Sopratutto Johnny non tratta mai verticalmente il nipote e non inventa scuse quando commette uno sbaglio, con rispetto e onestà nei confronti del piccolo riconosce i suoi errori e cerca sempre di ascoltarlo e di migliorare. Questo approccio lo ripaga pienamente tanto che al momento di doversi separare il piccolo avrà un forte momento di crisi (in quanto costretto a rinunciare nuovamente a una figura paterna che ha imparato ad amare e su cui può contare, un altro punto di riferimento perso nella situazione caotica e fragile in cui si trova e in cui sente e sa bene di trovarsi), se questo è sicuramente difficile e ingiusto da un lato, significa anche però che lo zio è riuscito alla fine a prendersi cura del nipote e a farsi riconoscere da lui come una fonte di sicurezza e d’affetto, un traguardo per nulla scontato viste le premesse della loro storia, tanto che riuscirà a gestire completamente questo momento di crisi (in quello che è uno dei momenti più toccanti, commoventi e profondi del film).

Un dialogo platonico, tecniche e peculiarità

È stranamente poco noto ma i dialoghi platonici non sono semplici dialoghi teatrali da leggere come fossero opere di Shakespeare, sono piuttosto un modo per trasmettere e comunicare il ragionamento e il pensiero umano, passaggio logico dopo passaggio logico; C’mon C’mon si avvicina sorprendentemente a questo modello pur preservando e valorizzando la sua natura cinematografica. I due protagonisti infatti, come già anticipato, rappresentano due prospettive e incarnano anche due figure archetipiche, l’uomo e il bambino. Il loro dialogo è talmente razionale e chiaro (ma sempre profondo ed empatico e mai freddo e distaccato), anche nei momenti di confusione o smarrimento, da sembrare parti della stessa coscienza che analizza e mette in discussione sé stessa. Specialmente se interessati a tematiche umanistiche o filosofiche la pellicola può davvero affascinare oltre ogni aspettativa, in quanto in molti momenti sembra di guardare un essere umano che parla con la propria anima; l’uno imperfetto, in continua crescita e fallibile, e l’altro senza tempo, emozionale, saggio e incosciente in un tempo ma da preservare, e insieme a formare una coscienza.

Il film presenta inoltre svariate soluzioni anche tecniche pensate proprio per favorire l’immersione del pubblico in questo momento profondo ed emozionante di pensieri e riflessioni. La pellicola tratta di tematiche molto reali, ma allo stesso tempo trasmette l’atmosfera senza tempo di una favola con immagini archetipiche; la scelta stessa di produrre un film in bianco e nero consente di concentrarsi maggiormente sugli altri sensi, sui dialoghi e sulle situazioni “dipinte” su schermo, e favorisce quindi l’astrazione che l’opera cerca di suscitare.

Anche l’audio partecipa allo scopo: un po’ come in Shining la musica irregolare contribuisce a costruire la tensione e il dissociamento dello spettatore spingendolo ad empatizzare con la discesa folle del protaonista, in C’mon C’mon le musiche favoriscono quella sensazione di astrazione e di predisposizione all’apertura interiore già spiegati; oltre alle musiche poi fondamentale è la lettura del personaggio di Joaquin Phoenix di un passaggio del libro Starchild di Claire A. Nivola, presente sia nel trailer che nella pellicola e che riassume perfettamente lo spirito della pellicola.

Grazie anche alla straordinaria e stupefacente interpretazione del giovanissimo Woody Norman (che come specificato sia dal regista Mike Mills che dall’attore Joaquin Phoenix ha contribuito enormemente con la sua iniziativa, improvvisazione e professionalità ad arricchire la prospettiva degli adulti sul set) C’mon C’mon è decisamente un film fuori dal comune, un’opera che offre una pregiata opportunità per ampliare la propria consapevolezza; e l’occasione di assistere ad un silenzio nella sala cinematografica diverso dal solito, come se ogni spettatore fosse ancora più assorto, immerso e toccato che mai.



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di Alessandro Amici
www.2duerighe.com
2022-04-21 14:15:50 ,

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