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Data : 2023-04-05 07:46:09
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Martedì si è costituita la nuova commissione parlamentare di vigilanza Rai, l’organo collegiale del parlamento che ha il compito di sorvegliare sull’attività della televisione pubblica (la Rai, appunto) e di decidere e programmare gli indirizzi delle reti. È stata eletta presidente Barbara Floridia, senatrice del Movimento 5 Stelle, mentre come sue vicepresidenti sono state scelte l’ex ministra Maria Elena Boschi, deputata di Azione-Italia Viva, e Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia che lo scorso febbraio si era dimessa da sottosegretaria all’Università e alla Ricerca nel governo di Giorgia Meloni dopo una condanna in Cassazione per peculato.
La commissione di vigilanza Rai è una bicamerale, cioè è formata sia da membri della Camera dei deputati che da membri del Senato, che come in tutte le commissioni parlamentari vengono scelti in modo da rispettare la rappresentanza del parlamento: ci sarà quindi una maggioranza di membri di Fratelli d’Italia, il partito più votato alle ultime elezioni e che ha più parlamentari, e così via. È da sempre una delle commissioni più discusse e criticate, perché il suo funzionamento permette di fatto al governo di controllare indirettamente le decisioni aziendali della Rai, più che sorvegliare sul suo operato.
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La commissione ha impiegato cinque mesi e mezzo a formarsi, rispetto all’entrata in carica dell’attuale parlamento, perché i partiti d’opposizione hanno faticato a mettersi d’accordo su chi indicare alla presidenza, che secondo una prassi informale deve essere espressione dell’opposizione. L’intera commissione è composta da 42 membri, metà per ciascuna camera, 24 dei quali appartengono alla maggioranza parlamentare che sostiene il governo.
Fu istituita nel 1975 con il nome di “commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi”, ma viene comunemente chiamata commissione di vigilanza Rai. Uno dei suoi poteri più importanti e concreti è nominare la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione della Rai: sono in tutto 7, di cui 4 scelti dalla commissione, due dal governo e uno dall’assemblea dei dipendenti della Rai. Inoltre alcune importanti decisioni per l’azienda devono passare anche attraverso la commissione: quando il consiglio di amministrazione nomina il proprio presidente, la nomina deve essere confermata dalla commissione di vigilanza. Quando il governo nomina il presidente della Rai, è sempre la commissione che deve approvare la decisione.
Infine definisce anche l’indirizzo della Rai sia nella programmazione che nella pubblicità, oltre che nei piani di spesa pluriennali: ogni sei mesi, prima dell’approvazione del bilancio, il consiglio di amministrazione della Rai deve riferire alla commissione.
L’idea alla base di chi pensò la commissione era garantire che la televisione pubblica non finisse sotto il controllo esclusivo del governo: in una pronuncia del 1974, la Corte Costituzionale sottolineò la necessità che la Rai rappresentasse maggiormente «la ricchezza e la molteplicità delle correnti di pensiero» della società italiana, quindi anche quella che alle elezioni non aveva votato per i partiti di maggioranza. La Corte indicò in particolare il parlamento come luogo adeguato a garantire questa rappresentanza: in questo modo nelle decisioni sarebbe stata rappresentata anche l’opposizione.
Nei fatti però l’influenza del governo sulla Rai è ancora molto forte: la gestione operativa dell’azienda spetta ad alcune cariche e organi deliberativi, i più importanti dei quali sono l’amministratore delegato, il consiglio di amministrazione e il presidente della Rai, tutti formalmente indipendenti, anche se il sistema delle loro nomine in parte dipende anche dalla politica e dal governo.
Oltre ai due membri del consiglio di amministrazione che sceglie direttamente, il governo può influenzare indirettamente anche quelli scelti dalla commissione di vigilanza Rai, visto che la maggior parte dei suoi membri fanno parte della maggioranza. Il governo nomina anche il presidente della Rai: la decisione deve essere poi ratificata dalla commissione di vigilanza, ma per gli stessi motivi è più che altro una formalità. L’ultima riforma della “governance” (cioè del sistema di gestione) dell’azienda, voluta nel 2015 dal governo di Matteo Renzi, aveva come obiettivo dichiarato quello di ridurre l’influenza dei partiti sulla Rai, ma in realtà secondo la maggior parte degli analisti non ha cambiato la situazione, come tutte le riforme precedenti.
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