di Chiara Dilucente
Un team di ricercatori dell’Università di Northwestern, dell’Università di Washington e della Washington University a St. Louis, negli Stati Uniti, ha sviluppato una terapia a base di proteine da somministrare per via inalatoria che è in grado di neutralizzare Sars-cov-2 con una potenza simile o maggiore rispetto ai trattamenti attualmente autorizzati con anticorpi monoclonali, anche in caso di infezione da variante omicron 2. In particolare, somministrando il trattamento sui topi attraverso l’uso di uno spray nasale, esso è stato in grado di prevenire efficacemente l’infezione da coronavirus o ridurre i sintomi da Covid-19. Adesso i ricercatori sperano di proseguire la sperimentazione di questa potenziale terapia sugli esseri umani. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science translational medicine.
I problemi degli anticorpi monoclonali
Nuove varianti di Sars-cov-2, spesso più contagiose e in grado di sfuggire parzialmente all’immunità conferita dalle infezioni precedenti e dai vaccini, continuano a emergere a livello globale, di fatto prolungando la pandemia di Covid-19. Pertanto, avere a disposizione strumenti che impediscano le infezioni o la malattia grave in maniera efficace e nei confronti di tutte le varianti è fondamentale: tra questi, oltre ai vaccini e ad altre terapie antivirali, vi è l’uso di proteine che bersagliano direttamente le componenti virali e impediscono a Sars-cov-2 di penetrare nelle cellule respiratorie umane. Gli anticorpi monoclonali progettati contro Covid-19 funzionano in questo modo: essi bloccano spike, la proteina di Sars-cov-2 che, legandosi al recettore Ace2 delle cellule del tratto respiratorio, media l’ingresso all’interno del nostro organismo.
Sebbene abbiano dimostrato una certa efficacia e ne sia stato approvato l’uso in molti paesi del mondo, tra cui l’Italia, gli anticorpi monoclonali finora sviluppati presentano non poche criticità, come vi avevamo raccontato qui: tra tutte, la difficoltà nello sviluppo, gli elevati costi di produzione, la necessità di operatori sanitari per la loro somministrazione e la scarsa efficacia nei confronti delle varianti emergenti di Sars-cov-2, come omicron e le sue sottovarianti. Qualche settimana fa, infatti, la Food and drug administration – l’ente regolatorio statunitense – ha sospeso alcuni trattamenti con anticorpi monoclonali in quanto poco efficaci contro omicron 2.
Le miniproteine
È per questo che i ricercatori statunitensi hanno cercato un’alternativa a questi trattamenti, sfruttando sempre l’impiego di proteine dirette verso spike. A parte l’obiettivo comune, le molecole sviluppate sono molto diverse dagli anticorpi monoclonali: si tratta di “miniproteine”, o “minileganti”, piccole porzioni proteiche in grado di legare ad alta affinità ben tre siti sulla superficie di spike (gli stessi coinvolti nel legame con Ace2), minimizzando la probabilità che il farmaco si distacchi e non faccia il suo effetto.
I vantaggi
Queste piccole proteine sono progettate computazionalmente e poi perfezionate attraverso prove sperimentali in laboratorio, attraverso cui i ricercatori hanno potuto verificare l’effettivo legame con spike e la neutralizzazione di Sars-cov-2, con risultati sorprendenti: le molecole testate, infatti, hanno neutralizzato il virus con una potenza simile o maggiore rispetto ai trattamenti anticorpali attualmente autorizzati e hanno dimostrato di essere efficaci anche nei confronti delle varianti di preoccupazione designate dall’Organizzazione mondiale della sanità, comprese quelle attualmente in espansione. Come si legge nello studio, infatti, le miniproteine sono riuscite a neutralizzare il coronavirus con la stessa potenza anche nei confronti di tutte le varianti testate, compresa omicron 2.
L’ultimo vantaggio riguarda le modalità di somministrazione: questa tecnologia – si legge nell’articolo – supporterebbe l’autosomministrazione per inalazione attraverso uno spray nasale, aggirando la necessità di operatori sanitari per la terapia e di fatto facilitando l’accesso alle cure. Per indagare questa prospettiva, infatti, i ricercatori hanno somministrato le miniproteine per via intranasale nei topi: negli animali da laboratorio, la terapia proteica è stata in grado sia di evitare l’infezione che di ridurre gli effetti gravi di Covid-19. Pertanto, nel futuro gli autori dello studio auspicano che un farmaco sviluppato in questo modo possa essere disponibile in farmacia e usato come misura preventiva per curare le infezioni da Sars-cov-2 e da tutti i patogeni emergenti.
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www.wired.it
2022-04-15 15:03:43