Ddl Zan, Renzi e Letta si sfidano. In Senato voti segreti in bilico per i dubbi tra i dem- Corriere.it

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A sera, con un gruppetto di senatori del suo partito, Matteo Renzi si sbilancia in una previsione: «Alla fine vinciamo anche questa». L’altra, nemmeno a dirlo, era la battaglia che condusse contro il Pd per affossare ogni ipotesi di Conte ter e portare Mario Draghi a palazzo Chigi. E quando Alfonso Ciampolillo, uno dei senatori che avrebbe dovuto salvare l’allora premier da una sorte già segnata, dichiara che voterà la legge Zan «al contrario di Renzi» tra i dem di palazzo Madama qualcuno fa degli espliciti scongiuri.

Già, quel che colpisce in questa vicenda è la cifra da pochade che sta assumendo. Nessuna vera tensione, nonostante le divisioni, anche profonde, nel Pd, nei 5 stelle e persino in Leu. Solo il ripetersi delle polemiche di sempre tra il Partito democratico e Italia viva. L’oggetto del contendere a quanto pare si è perso di vista.


Alessandro Zan si fa intervistare dall’Huffington post per dire «incrociamo le dita e andiamo in aula». Non propriamente un grido di battaglia. Eppure Enrico Letta in questa vicenda ci ha messo l’anima. Non il cacciavite, però. Questa volta ha preferito il muro contro muro. «Non si tratta» è stato il suo mandato al gruppo dem del Senato. Che lo ha preso in parola.

E quando l’assemblea di palazzo Madama vota per la calendarizzazione, il segretario ritiene di aver segnato un punto: «Abbiamo messo la parola fine a sette mesi di ostruzionismo e di giochi al ribasso sui diritti. Da qui al passaggio in aula ci sono sette giorni. Che siano quelli della serietà e della coerenza. Il voto sulla calendarizzazione dimostra che la maggioranza c’è, è quella che ha approvato il testo della Camera. Da parte nostra non c’è stata nessuna forzatura e nessun diktat. La proposta di mediazione di Ostellari ha semplicemente svelato il bluff di Salvini. In ballo c’è una legge di civiltà e il Senato è la sede dove tutti devono assumersi la responsabilità di fronte al Paese».

Dunque quella sulla Zan è ormai diventata la battaglia di Letta, con tutti i rischi che comporta questa scelta. Lorenzo Guerini e Dario Franceschini svolgono un ruolo da ministri tecnici. Il primo tace. Il secondo, interrogato ieri a Napoli dai giornalisti, ha glissato così: «Qui stiamo parlando di Capodimonte». Il segretario ha voluto il muro contro muro e sembra che non tutto il suo partito lo segua. Ci sono i silenzi eloquenti e c’è l presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini che si augura «una mediazione»: «Occorre fare di tutto per avere la maggioranza necessaria ad approvare la Zan. Non so se sarà approvata integralmente o con qualche necessario correttivo, so che l’importante è trovare i numeri». Che al momento, a dire il vero scarseggiano.

Tutti nel gruppo dem del Senato assicurano che voteranno ma i nomi dei malpancisti sono diversi. Ci sono Valeria Fedeli e Valeria Valente che sono contrarie all’identità di genere. Con i cattolici Mino Taricco, Andrea Ferrazzi, Stefano Collina, Assuntela Messina, Vincenzo D’Arienzo. E c’è l’ex Iv Eugenio Comincini. Ma anche gli alleati dei 5 stelle non sono proprio un monolite compatto. Ieri il capogruppo Ettore Licheri confidava a un senatore dem: «Cinque o sei dei nostri sono contrari per motivi etici, poi ci sono sempre i possibili dispetti incrociati…». E persino dentro Leu si alza la voce di Stefano Fassina per chiedere al Pd di «farsi mediatore per correggere la legge».

Insomma, i numeri potrebbero non esserci. E qualche emendamento di Italia viva, a voto segreto, potrebbe passare. A quel punto, con il provvedimento modificato in uno scrutinio segreto, il Pd dovrà decidere se votare la Zan mutilata o affossarla. A meno che i dem non cambino linea e decidano di utilizzare questi giorni per aprire una trattativa che non sia al ribasso. C’è chi nel Pd spinge in questa direzione. Non sarà una scelta facile. E spetterà direttamente a Letta farla. Comunque vada vincerà o perderà da solo.

7 luglio 2021 (modifica il 7 luglio 2021 | 07:12)

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