Donna ucraina residente nel Trevigiano muore in combattimento: era tornata nel suo Paese all’inizio del conflitto

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Treviso – Le avevano dato il nome di battaglia “Kvitka”, che in ucraino significa fiore. Maryana Tryasko, 37 anni, da 14 residente in Veneto, madre di due figli, era tornata in Ucraina per difendere la sua patria. È morta per le ferite causate dai colpi di un mortaio, dopo due giorni di ricovero il suo cuore si è fermato per sempre. “Sono stata in Italia per 14 anni ma quando il dolore si è abbattuto sulla mia terra natale, ho capito che dovevo proteggerla. Ho lasciato i miei figli in Italia. E ora sono qui, in prima linea”. Eccolo il suo testamento, in una intervista rilasciata al plotone nel quale si era arruolata, la 102esima brigata separatista delle Forze di difesa territoriale della regione di Ivano-Frankivsk.

“Lo faccio perché il mio popolo protegga i miei figli, perché anche loro una volta possano venire in Ucraina, nella mia Patria, in libertà, nella prosperità del colore blu-giallo. Non importa quanto sia ora il male, il bene prevale sempre. Quindi siamo gentili, siamo sinceri e alla vittoria!”. Ieri è stato celebrato il funerale nella sua città natale, Trostjanec. Il corteo funebre ha visto la partecipazione di centinaia le persone inginocchiate a bordo strada mentre passava il carro con il feretro, con sopra la bandiera gialloblù dell’Ucraina. Sono stati gli stessi soldati ad accompagnare a braccia la bara in chiesa. “Sei stata un esempio di coraggio e di forza”, hanno detto definendola una eroina della patria. “Sei stata il fiore più affascinante sul campo di battaglia per l’Ucraina”.

A Villorba, in provincia di Treviso, lavorava come infermiera e badava ai figli che hanno 10 e 14 anni. Ormai da otto anni era separata dal marito, che lavora in Veneto come guardia giurata. È partita in aprile ma aveva iniziato a muoversi già qualche giorno dopo il 24 febbraio, data che segna l’inizio dell’invasione russa. “Voleva essere utile ai nostri militari e all’Ucraina”, testimonia un’amica. Pierangelo Chiloiro la conosceva ormai da sette anni, erano amici, si sentivano. “Con il suo lavoro di infermiera guadagnava bene, cresceva i figli. Si stava anche costruendo una abitazione in Ucraina”, racconta. “Quando mi ha detto che era intenzionata ad andarsene, non ci volevo credere. Era sicura, decisa, le brillavano gli occhi”. Venerdì scorso è rimasta ferita sul campo da alcuni colpi di mortaio. Soccorsa dai militari, è stata trasferita in un ospedale insieme ad altri feriti. Per circa due giorni i medici hanno cercato di fare il possibile per salvarle la vita, ma domenica è deceduta.

Ieri a Trostjanec, nell’Est dell’Ucraina sono stati celebrati i funerali. Le sue due sorelle e la madre vivono a Villorba, mentre suo fratello si trova in Germania. “Nessun mare e nessun luogo sulla terra può sostituire il calore di abitazione”, scriveva su Facebook per motivare una scelta incomprensibile. Nemmeno i figli, entrambi ancora minorenni, erano riusciti a convincerla a restare. “Lo faccio per voi”, continuava a dire. Prima di arrivare a Villorba, aveva lavorato come infermiera al Dolyna Hospital. “Maryana era una persona brillante, gentile, calorosa”, racconta la zia Maria Vintoniv. Ora i parenti si stanno occupando dei figli rimasti in provincia di Treviso, nel tentativo di far superare loro questo lutto inaccettabile.

 

 



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-09-28 21:07:45 ,www.repubblica.it

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