Dopo 50 anni “Arancia Meccanica” nelle sale. Spieghiamo perché.

0

Nel dicembre del 1971 a New York usciva Arancia meccanica, sconvolgente opera di Stanley Kubrick destinata a segnare la storia del cinema e a diventare uno dei simboli della potenza comunicativa del media. Per la ricorrenza del 50° anniversario dell’uscita del film, la pellicola verrà proiettata dal 29 novembre al 1° dicembre in molte sale in Italia, un’occasione irresistibile per gli appassionati di cinema, e non solo, di godersi al meglio quest’opera leggendaria.

Non solo, e allora per chi altro? Questa proiezione è solo un regalo in anticipo per pochi intenditori intellettuali, o può rappresentare un’occasione per le nuove generazioni di imparare qualcosa di ancora attuale? Insomma, ma nel 2021 Arancia meccanica è ancora importante?

LA VIOLENZA NELL’UOMO

Kubrick usa questo film per metterci di fronte ad un problema ostico e complesso della nostra società, tagliando ogni possibile edulcorazione o attenuamento. Al centro della vicenda con protagonista Alexander DeLarge c’è la violenza, e nello specifico l’ultraviolenza, una carica cieca e spietata di cui il “il nostro affezionatissimo” e i membri della sua banda, tutti molto giovani, sembrano nutrirsi quando passano le loro serate a compiere stupri, furti e pestaggi efferati. La pellicola però non si limita semplicemente a raccontare i fatti scioccanti di una storia violenta, cerca invece di andare a fondo nell’analizzare cosa sia l’idea di violenza in sé, per Alex, per l’essere umano, per lo stato e la società, e infine ci obbliga a chiederci cosa sia per noi stessi.

Certo si può dibattere se il protagonista soffra o no di psicopatia o di disturbo antisociale della personalità, il tutto amplificato dalla giovane età del personaggio (ovviamente non origine delle condizioni, ma semplice contesto favorevole dovuto all’inesperienza emotiva, alla possibile difficoltà nel relazionarsi col mondo e al senso di inadeguatezza, alla carica emotiva ed energetica che si avverte in quegli anni), ma la diagnosi cambierebbe poco ai fini della speculazione. Attraverso Alex e la sua fame di ultraviolenza Kubrick vuole farci avere un contatto con la violenza stessa, farci provare il brivido viscerale che provano i “Drughi” durante i loro crimini, e mostrarci anche come questa sia alimentata da fattori sfavorevoli, come una famiglia ingenua e passiva che non ha evidentemente saputo fornire un’educazione emotiva completa, andando ad alimentare l’incontrollabilità degli impulsi che Alex prova già di suo, o una società ipocrita che offre valori contrastanti.

La questione però cresce quando Kubrick mostra la violenza anche delle altre parti della società: dello stato e della polizia, della politica, e soprattutto degli stessi soggetti vittime in precedenza di Alex e della sua banda, che appena si presenta l’occasione non ci pensano due volte a diventare carnefici vendicativi a loro volta, siano essi anziani senza tetto o intellettuali ben pensanti, buoni e tolleranti solo in teoria.

La violenza non è quindi prerogativa esclusiva del mostro pazzo, cattivo, brutto e assetato di sangue: Alex è un bel ragazzo, giovane e colto, apprezza l’arte, si esprime con un linguaggio forbito, adora Beethoven ed è violento; l’anziano senza tetto veste di stracci, soffre freddo e fame e quando è sobrio pensa solo a sopravvivere e ai suoi ricordi del passato, ed è violento.

Mostrandoci la violenza di tutti, Kubrick espone come la violenza faccia parte dell’essere umano, la rabbia, la carica, sono intrinseche dell’umanità e che pensare di “liberarsene” per essere solamente buoni significa altresì togliere ad una persona ciò che la rende tale.

D’altronde la vera bontà, come converrebbe il parroco del film, non sta nell’essere sempre e solo buoni, ma nello scegliere consciamente di compiere il bene a seconda del contesto.

Il tema del libero arbitrio infatti, evidenziato dal prete durante il grottesco spettacolo in cui Alex viene torturato e si ritrova a non poter reagire in seguito agli effetti della cura Ludovico, è centrale in tutta la pellicola. Senza la scelta il protagonista infatti non è “buono”, è semplicemente costretto a subire passivamente la violenza degli altri, che ora approfittano del suo essere indifeso, per applicare il vecchio occhio per occhio, dente per dente.

Il problema di Alex è che non riesce ad empatizzare con le sue vittime e la loro sofferenza, questo perché la violenza e i suoi effetti gli sono in realtà estranei, li ricerca per puro godimento personale egoistico, ci gioca come un bambino farebbe con una pistola, senza rendersi conto o curarsi delle ripercussioni.

La pellicola per prima, intrisa di violenza di ogni livello e genere, vuole educare lo spettatore alla conoscenza della violenza stessa, tanto che durante la visione si è scioccati maggiormente all’inizio, ma in seguito con l’abitudine e una maggiore preparazione si riesce a digerire meglio le scene anche più dure e ci si può concentrare sulle riflessioni poste dal film; se invece ci si bloccasse allo shock iniziale sarebbe molto più difficile giungere alla speculazione, che la pellicola vuole suscitare.

LA VIOLENZA DELLO STATO: OCCHIO PER OCCHIO, DENTE PER DENTE

Dopo la questione esistenziale, il film ci propone una speculazione sulla società e sulla politica, mostrandoci la violenza dello stato e delle forze dell’ordine. “Arancia meccanica” mette in risalto l’ottusità del sistema punitivo, e ce lo mostra come superato, brutale, vendicativo, ma soprattutto inutile e controproducente.

Rifiutando infatti a prescindere la violenza e attribuendola “ai cattivi” non si comprenderanno mai le motivazioni molto umane che portano a quella violenza, e inevitabilmente si fallirà nel tentare di prevenirla.

Come viene mostrato nel film, questo accade principalmente perché l’elettore medio, magari conservatore, non percepisce il crimine come una parte diegetica e inevitabile della società, ma come un semplice e gratuito attacco personale, un problema da risolvere con le buone o con le cattive, a cui si reagisce con rabbia e con idee di vendetta.

Questa reazione ottusa e istintiva conferma però l’idea proposta da Kubrick: persino il cittadino buono e ben pensante se messo nelle condizioni giuste prova rabbia e istinti violenti. Frutto di questa visione miope, e infine ipocrita, è il tentativo di epurare il crimine dalla società, come fosse una malattia. La tristezza dell’ottusità punitiva è ben resa nella scena della grottesca dimostrazione, in cui Alex viene umiliato picchiato e degradato, ma per via del farmaco non può difendersi, e tra il pubblico si vedono politici, poliziotti e altri spettatori reagire con soddisfazione alla sincera sofferenza del ragazzo “che adesso sì che impara”.

Inevitabilmente un lato della politica intercetta questa rabbia e ne intravede il potenziale elettorato, e garantisce quindi soluzioni rapide e semplici, dure e inflessibili, e ovviamente violente, per una questione sottile e complessa e che richiederebbe empatia e lungimiranza, insomma la ricetta perfetta per il fallimento e l’ipocrisia.

LA DOMANDA DOPO LA RIFLESSIONE SULLA VIOLENZA

Il crimine è un problema, la violenza non mi riguarda perché io sono buono, chi sbaglia paga e va punito severamente senza pietà e al di là di qualunque contesto, così appaghiamo la nostra rabbia, il criminale non è una persona normale, ha sprecato la sua occasione e adesso si merita le conseguenze, non è importante che capisca la responsabilità delle sue azioni, l’importante è che venga punito in mezzo alla piazza.

Malgrado la tecnologia, il progresso e lo sviluppo di cui godiamo questa narrazione semplicistica e inefficace è ancora quella che guida la maggior parte dei paesi del nostro mondo, e solo in pochi viene con fatica messa in discussione. Oltre alle due questioni eternamente attuali della violenza intrinseca all’uomo e nella società, la domanda che forse questo film vuole che ci poniamo a seguire è:”il modo in cui il mio stato tratta il crimine, cosa dice di me?”.

La scelta! il ragazzo non ha una vera scelta … chiaro? l’autodifesa… la paura del dolore fisico, l’han ridotto a quel… quel grottesco gesto di bassa umiliazione…  certo! Ma si vedeva chiaramente che non era sincero. Egli cessa di fare il male, ma cessa anche di esercitare il libero arbitrio… – padre, questi sono sofismi! a noi non interessano i motivi o le sottigliezze dell’etica, a noi interessa ridurre la criminalità



Source link
di Alessandro Amici
www.2duerighe.com
2021-11-25 16:24:29 ,

Leave A Reply