La distribuzione del gioco di carte in Italia, così come in altri paesi europei quali la Francia, non è in effetti delle migliori: tra le prime sette espansioni solo cinque sono tradotte per intero, il circuito torneistico fatica a ritagliarsi spazi e, non ultimo, una localizzazione piuttosto scadente dell’anime contribuisce a impoverire l’immagine dell’intero prodotto. Il confronto con il rivale per eccellenza, Yu-Gi-Oh, è impietoso: se l’opera di Kazuki Takahashi getta le radici in un manga cupo e ricco di colpi di scena, con un cartone dai toni ben più leggeri ma bilanciati da momenti drammatici e atmosfere egizie particolarmente azzeccate, la sensazione generale data dall’anime di Duel Masters è quella di un prodotto interessato più a imitare che innovare.
Percezione ancora più forte nell’adattamento occidentale, che preferisce abbandonare ogni velleità dell’originale giapponese per un tono più scanzonato e spesso metatestuale: una scelta del tutto fuori target, nel tentativo di riprendere doppiaggi leggendari come quello di Slam Dunk o di Ghost Stories, anime horror divenuto cult negli Stati Uniti proprio in quegli anni e a cui, molto probabilmente, la versione animata di Duel Masters circolata dalle nostre parti deve il proprio humor surreale.
Esercizi di stile
Incapace di prendersi pienamente sul serio, il gioco di carte Duel Masters fatica a trovare una direzione precisa anche nel comparto artistico. L’influenza di Magic è particolarmente forte nelle espansioni arrivate in Occidente, ma non mancano artwork sopra le righe che ne rendono ancora più contrastante la percezione. Un po’ cyberpunk, un po’ fantasy, un po’ anime, Duel Masters si mantiene equidistante da questi estremi consegnandoci un’estetica affascinante e dal grande potenziale: sintesi perfetta dei primi anni Duemila, ma priva dell’immediatezza della concorrenza. Anche in Giappone, dove pure il successo era stato immediato, si vira ben presto su illustrazioni più vicine ai gusti locali, arricchendo il gameplay di meccaniche sempre più fracassone e sempre meno tattiche.
Perché anche in questo Duel Masters ragiona a modo suo, pur prendendo a piene mani dai vicini: l’obiettivo è quello di far stremare al giocatore una grande emozione a ogni turno, lo splashy moment che Mark Rosewater definisce come elemento decisivo del gioco. Game designer per Wizards e maggiore influenza su Magic alle spalle del solo Garfield, Rosewater lavora anche alla creazione di Duel Masters, inserendo una meccanica che rappresenta l’essenza più genuina del gioco: Innesca Scudo, l’abilità che permette di giocare una carta senza pagare alcun costo, ma solo se nascosta in una delle cinque carte a faccia in giù che rappresentano i punti vita degli sfidanti.
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di Lorenzo De Vizzi Arati www.wired.it 2024-09-27 04:40:00 ,