Il gatto nella scatola è vivo o deceduto? Più o meno è questa la domanda che sta al centro del famoso paradosso del gatto di Schrödinger: ebbene, secondo le leggi della fisica quantistica, il gatto nascosto dentro la scatola è sia vivo che deceduto. D’altra parte, se si chiama “paradosso” un motivo ci deve essere. E se il solo ragionamento sulla questione ci fa girare la testa, immaginate cosa può voler dire mettere in piedi un esperimento che passi dalla teoria alla pratica: in passato gli scienziati ci sono riusciti su scala microscopica, utilizzando atomi e molecole. Oggi, invece, disponiamo addirittura di un gatto di Schrödinger macroscopico, visibile a occhio nudo e fatto di cristalli e circuiti superconduttori, frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori dell’Eth di Zurigo, da poco pubblicato su Science.
Il gatto nella scatola
Ma facciamo un passo indietro. Innanzitutto, il paradosso è valido solo fin quando qualcuno non guarda dentro la scatola e dichiara che il gatto è in effetti vivo, oppure che è deceduto. A quel punto i due stati non sono più contemporaneamente possibili, visto che solo uno dei due è stato verificato. Entrando poi nel dettaglio dell’esperimento formulato (a livello teorico) da Schrödinger, questo prevede che un gatto venga rinchiuso dentro una scatola contenente un marchingegno potenzialmente letale. Si tratta di un meccanismo a cascata che dipende dal decadimento radioattivo di una certa sostanza, dal quale a sua volta dipende l’integrità di una boccetta di veleno che fa parte del complesso macchinario. Se la sostanza radioattiva decade, la boccetta si rompe e il gatto muore. Viceversa, il gatto rimane in vita.
L’esperimento macroscopico
Come dicevamo, non è banale riprodurre nella pratica questo esperimento teorico, e fino ad oggi gli scienziati ci sono riusciti solo su scala microscopica, utilizzato per esempio atomi o molecole in stati di sovrapposizione quantistica, che si trovano in due diversi luoghi nello stesso momento. Con il presente studio, invece, il gatto di Schrödinger ha per la prima volta assunto dimensioni macroscopiche: un cristallo oscillante ha preso il posto del gatto, mentre un circuito superconduttore ha sostituito la sostanza radioattiva dell’esperimento teorico. Il circuito è in pratica costituito da un qubit – l’unità minima di informazione quantistica – che può assumere i valori 0, 1, o entrambi contemporaneamente. Infine, il marchingegno che collega il gatto con la sostanza radioattiva nell’esperimento teorico è stato sostituito, nel presente esperimento, da uno strato di materiale piezoelettrico in grado di generare un campo elettrico quando il cristallo cambia forma mentre oscilla. Essendo in questo modo collegato al campo elettrico del qubit, il cristallo diventa capace di oscillare in due diverse direzioni contemporaneamente, esattamente come il gatto che è sia vivo che deceduto finché un osservatore non verifica uno dei due stati. “Mettendo i due stati di oscillazione del cristallo in sovrapposizione – spiega Yiwen Chu, che ha guidato il gruppo di ricerca – abbiamo effettivamente creato un gatto di Schrödinger del peso di 16 microgrammi”.
Le prospettive future
Ma a cosa ci serve riprodurre macroscopicamente il paradosso di Schrödinger? “Questo è interessante – prosegue Chu – perché ci consentirà di capire meglio la ragione che sta dietro alla scomparsa degli effetti quantistici nel mondo macroscopico dei gatti reali”. Inoltre, questo tipo di esperimenti potrebbe essere utile per sviluppare ulteriormente la tecnologia che ci permette di immagazzinare l’informazione all’interno dei qubit, o, ancora, per migliorare la nostra capacità di rilevamento di eventi come le onde gravitazionali o della materia oscura. E se la formulazione teorica dell’esperimento è valsa a Schrödinger la statua di un gatto in dimensioni reali, posta di fronte a quella che fu la sua abitazione mentre viveva a Zurigo, chissà cosa potranno meritarsi gli scienziati che riusciranno a riprodurre l’esperimento con un gatto reale. Se mai questo sarà effettivamente possibile.
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di Sara Carmignani www.wired.it 2023-04-27 14:22:20 ,