La rottura dell’alleanza con il Pd potrebbe portare Azione di Carlo Calenda a dover raccogliere nel giro di due settimane le 56.250 (36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato) previste dal “decreto Elezioni“, il provvedimento che il 4 maggio scorso aveva definito le regole per le amministrative e i referendum di giugno. E se le Camere fossero state sciolte prima dei 120 giorni della scadenza naturale il numero di firme necessario sarebbe stato quasi il doppio. L’incognita racconta firma si abbatte su Azione perché il partito condivide il simbolo con +Europa (che beneficia di una delle norme del decreto) che però è alleata con il Pd, alleanza confermata fino a poco prima l’inizio dell’intervista dell’ex ministro renziano di Lucia Annunziata. Ed è proprio Matteo Renzi che potrebbe “salvare” Calenda dal vincolo delle firme per potersi presentare. A pochi minuti dalla rottura di Azione con i democratici, infatti, l’ex premier ha twittato “opportunità straordinaria #terzo polo”, spalancando di fatto le porte e accendendo le promesse di superare quella soglia del 3% che se non raggiunta lascerebbe anche Italia Viva fuori dal Parlamento.
Il testo unico per l’elezione della Camera stabilisce che “nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi” (art. 18-bis). Per scansare la raccolta firme, quindi, servirebbe aver formato un gruppo sia alla Camera che al Senato fin dal marzo 2018. In questo modo però sarebbero rimasti fuori in tantissimi: Italia Viva (fondata a settembre 2019), +Europa e Noi con l’Italia (che non hanno mai avuto i numeri per formare un gruppo autonomo), ma anche Liberi e uguali, che forma un gruppo solo alla Camera, mentre al Senato fa parte del Misto. La norma votata a maggio prevede invece che, “per le prime elezioni della Camera e del Senato successive alla data di entrata in vigore”, l’esenzione dai banchetti sia estesa ad altre tre categorie di partiti. Innanzitutto quelli “costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere”, e non più in entrambe, “al 31 dicembre 2021“, e non più a inizio legislatura, oppure “che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale” oppure, infine, che “abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 % del totale”. Un vantaggio utilissimo proprio per Azione (il partito è stato fondato nel novembre del 2019, la nascita del movimento Siamo europei risale a inizio 2019), che con +Europa è federato dall’inizio 2022.
Poco prima dell’intervista di Calenda a Lucia Annunziata proprio +Europa aveva fatto sapere di apprezzare l’accordo raggiunto da Azione con il Pd e se + Europa ritirasse il simbolo congiunto Azione sarebbe costretta a raccogliere le firme, perché Calenda è stato eletto al Parlamento europeo nella lista Pd-Siamo nella primavera del 2019, mesi prima della fondazione di Azione.
Le firme devono essere autenticate, cioè raccolte in presenza di sindaci, amministratori locali o funzionari comunali, notai o avvocati, e depositate all’Ufficio elettorale entro il 22 agosto, tra meno di un mese. Una vera corsa a ostacoli, in piena estate, per i partiti più piccoli e proprio per questo Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, aveva chiesto al Governo di consentire la sottoscrizione delle liste tramite Spid. A dover raccogliere le firme ci sono anche Italexit di Gianluigi Paragone, Unione popolare (il cartello della sinistra radicale con Prc, Potere al popolo e De Magistris) o Alternativa per l’Italia (la joint venture tra Mario Adinolfi e l’ex leader di Casapound Simone di Stefano). I simboli dei partiti devono essere presentati entro
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di F. Q.
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2022-08-07 18:57:21 ,