Eternals. Quando il supereroe diventa mito

0

Avete mai provato a ripensare a quando eravate bambini?

No, non quando avevate sette o otto anni, quello è facile, parliamo proprio di quando eravate piccolissimi, di tre o quattro anni. Ora è più difficile vero? Parliamo di quando la mente torna così indietro nel tempo che tutto si fa più indefinito ed astratto, quasi onirico, quando le immagini si fanno nebulose e il mondo circostante si riduce a una sensazione solenne, ma al tempo stesso rassicurante.

Ecco, questa sensazione solenne e rassicurante, misteriosa ma affascinante, inquietante ma amorevole, è ciò che proverete con la visione di “Eternals”, e diciamocelo, non è minimamente quello che la gente si aspetta di provare guardando un film Marvel.

Non neghiamolo, il film della regista premio Oscar Chloé Zhao è stato un vero e proprio casus belli: mai un film dei Marvel Studios ha diviso altrettanto nettamente pubblico e critica, anzi a dire il vero l’ultima volta che dei cinecomic hanno causato una simile spaccatura si trattava di film della DC come “L’Uomo D’Acciaio” o “Batman V Superman” (ed è ironico visto che questo è anche il primo film Marvel a citare esplicitamente la Distinta Concorrenza).

Viene dunque da chiedersi perché su questo film sia piovuto così tanto veleno e al tempo stesso così tanto amore, ma il motivo è molto più semplice di quanto si pensi, e non bisogna assolutamente ricercarlo nel contrasto tra film d’intrattenimento e film d’autore, tra cultura classica europea e l’America contemporanea, o nel review bombing causato dalla presenza di un personaggio esplicitamente omosessuale.

Molto semplicemente “Eternals” è un film che tra contenuto dell’intreccio, caratterizzazione dei personaggi e spunti di riflessione offre tantissimo, forse anche troppo, ma nulla di quel che ci si aspetterebbe da un film d’intrattenimento: laddove si aspettava i colori il pubblico ha trovato il grigio, laddove si aspettava divertimento ha trovato pathos, laddove si aspettava azione ha trovato riflessione, laddove si aspettava bene contro male ha trovato ambiguità.

In altre parole, laddove si aspettava la Marvel, ha trovato “Eternals”.

Addentriamoci dunque nell’analisi senza spoiler di un film fortemente radicato in un universo cinematografico dal quale si distingue nettamente tramite i suoi sfaccettati protagonisti e le sue vicende dal sapore mitologico.

Un pantheon di supereroi

Mai come in questo caso è giusto usare questa espressione, poiché in essa si può riassumere il punto di forza degli Eterni di Chloé Zhao, ciò che li distingue da tutti gli altri eroi in tutina colorata che popolano il vasto multiverso Marvel: non parliamo di umani con poteri sovrumani né di alieni colorati che svolazzano per la galassia facendo casino, parliamo di una vera e propria stirpe di semidei cosmici col potere di determinare il destino del mondo ma dall’animo profondamente umano, soggetto alle stesse passioni e turbamenti dei comuni mortali.

Insomma, ciò che sarebbe dovuto essere Thor finché Taika Waititi non lo ha reso una specie di Adam Sandler spara-fulmini.

Ma la vera abilità della Zhao, sta nel rendere i suoi personaggi umani nel senso più ampio ed universale che può assumere questo termine. A lungo si è parlato del cast multietnico e dell’estrema diversità che caratterizza i protagonisti, ma ancora più evidente nel corso della visione è la diversità nel tratteggiare la mente degli Eterni e i crucci che li tormentano avvicinandoli così all’umanità: si possono trovare similitudini con il disturbo post traumatico da stress, il desiderio di crescere e di amare, il fanatismo religioso o quesiti esistenziali sul libero arbitrio e sul senso della vita.

Ikaris (Richard Madden) è forse il personaggio più complesso del film, tanto perfetto nella sua apparenza quasi angelica quanto spezzato nello spirito, costantemente diviso tra l’amore nei confronti di quella che di fatto è la sua unica vera famiglia e la cieca determinazione con la quale serve i propri padroni, quei mastodontici Celestiali che ci forniscono inoltre l’occasione di approfondire diversi aspetti della cosmologia dell’universo Marvel.

Quella stessa determinazione che manca invece a Kingo (Kumail Nanjiani), incapace di opporsi al disegno dei Celestiali, ma altrettanto incapace di agire a discapito di quell’umanità che ama così tanto (e dalla quale è altrettanto amato) da essere pronto a morire come un uomo.

Una scelta preclusa invece a Sprite (Lia McHugh), che tra i terrestri non si è mai realmente integrata a causa delle sue fattezze di bambina, che la condannano ad una vita infinita, ma tremendamente incompleta.

Altrettanto incompleto è Druig (Barry Keoghan), condannato a guardare gli umani distruggersi con le loro stesse mani sapendo che potrebbe salvarli, privandoli però di ciò che li definisce in quanto umani.

Peccato che la stessa complessità sia invece del tutto estranea a Sersi (Gemma Chan) e Gilgamesh (Don Lee), relegati al ruolo dei classici “buoni-perché-sì”.

Nota di demerito anche per Thena (Angelina Jolie), protagonista di una sottotrama potenzialmente interessante ma lasciata poi da parte senza una vera chiusura, e per Makkari (Lauren Ridloff), tra tutti gli Eterni senza dubbio quella maggiormente in disparte e meno amalgamata con la trama generale.

Ma la medaglia d’oro per la più grande occasione sprecata se la beccano senza dubbio i Devianti: presentati inizialmente come gli antagonisti principali della pellicola, si riveleranno essere soltanto un tassello dell’intricatissimo mosaico dei Celestiali, ma la possibilità di esplorare la tragicità della loro condizione viene buttata alle ortiche per relegare il Deviante Kro (Bill Skarsgard) ad un ruolo da antagonista secondario del quale semplicemente non c’era bisogno, vista anche l’estrema abbondanza di personaggi, colpi di scena e minacce da affrontare.

Poco da dire invece sulla Ajak di Salma Hayek: nonostante la sua importanza all’interno della trama, essendo di fatto colei che mette in moto l’intera vicenda, il suo ruolo è in realtà piuttosto passivo, cosa che la costringe a restare sullo sfondo e ad essere messa in ombra dagli altri Eterni.

Padri e Figli (SPOILER)

Chi vi scrive ha volutamente scelto di lasciare per ultimo un determinato personaggio per dedicargli un intero paragrafo: questo perché il personaggio in questione si è ritrovato nell’occhio del ciclone ancora prima dell’uscita stessa del film, ma soprattutto perché un’analisi approfondita del suo arco narrativo può offrirci un interessante punto di vista dal quale osservare l’intera vicenda degli Eterni (motivo per cui nelle prossime righe saranno presenti alcuni spoiler).

Il personaggio in questione è Phastos (Bryan Tyree Henry), balzato agli onori della cronaca in quanto, primo supereroe del MCU ad essere rappresentato come esplicitamente omosessuale, con tanto di marito e figlio adottivo.

Geniale inventore e tecnocinetico, è l’Eterno maggiormente coinvolto nello sviluppo degli umani, quello dal ruolo maggiormente attivo nella sua evoluzione scientifica e tecnologica, così ansioso di accompagnare la giovane razza verso il futuro da dover essere più volte limitato dai suoi compagni.

Poi accade qualcosa: la bomba atomica viene sganciata su Hiroshima e Nagasaki, la Seconda Guerra Mondiale si conclude, e il progresso scientifico rivela a tutto il mondo il suo lato più oscuro e crudele. Migliaia di vite si spezzano nel lampo accecante dell’ordigno nucleare, e con esse si spezza anche lo spirito di Phastos, incapace di non sentirsi almeno in parte responsabile e di vedere qualcosa di buono in quegli umani che hanno usato quella tecnologia da lui sviluppata con le migliori intenzioni per uccidersi tra loro in massa.

Alla luce di tutto questo, il fatto di ritrovarcelo davanti quasi ottant’anni dopo sposato e con un figlio assume un significato completamente diverso: è il naturale e coerente tentativo di un dio letteralmente innamorato dell’uomo di ricostruire un passo alla volta il suo rapporto con quegli stessi uomini che, sì, hanno ferito il suo cuore ma non hanno spento la sua speranza, la speranza che si possa sempre fare di meglio e che si possa sempre, nonostante tutto, progredire.

Nel legame tra Phastos e suo figlio è possibile vedere un riflesso del legame tra gli Eterni e l’umanità: quell’umanità neonata che come genitori amorevoli hanno accompagnato fuori dalle tenebre primordiali, quell’umanità antica che come mitici eroi hanno custodito ed ispirato per mezzo delle loro titaniche imprese, quell’umanità contemporanea che li ha ormai relegati alle loro leggende e ai loro miti ma sulla quale come angeli non hanno mai smesso di vegliare.

Forse tutto questo è davvero troppo per un brand da sempre associato ad un pubblico di bambini e famiglie, ma ormai sono tredici anni che il MCU prosegue la sua corsa inarrestabile, e quei bambini che un decennio fa si esaltarono guardando Iron Man sfrecciare per la prima volta sullo schermo di un cinema ormai sono giovani adulti, e hanno bisogno di qualcosa di nuovo, quindi ben vengano esperimenti coraggiosi come quello di Chloé Zhao. La speranza adesso è che i Marvel Studios non perdano questo coraggio, che non si lascino fermare da critiche sterili (come quelle riguardanti il poco umorismo) di chi si aspettava la solita minestrina riscaldata, perché se così non andasse, il rischio sarebbe quello di assistere tra qualche anno ad un “Eternals: Ragnarok” in cui i personaggi si priveranno della dignità sulle note di “Immigrant Song”.



Source link
di Ivan Guidi
www.2duerighe.com
2021-11-17 16:12:50 ,

Leave A Reply