Di cosa parliamo quando parliamo di un calciatore? Che cosa rileva: il rendimento in campo, il valore al fantacalcio o un alone di notorietà altrimenti generato? Un esempio di questa confusione è Salvatore Sirigu, portiere, secondo in nazionale, unico senza i social. Ora tutti lo conoscono, non tanto perché ha giocato qualche minuto agli Europei, quanto perché ha: 1) motivato i compagni sul pullman mostrando un video girato dai loro parenti 2) involontariamente raggirato i tifosi inglesi facendo loro scambiare la bandiera con i 4 mori per quella con i 3 leoni 3) eclissato la citazione del centravanti francese Cambronne, avendo risposto a un giornalista che chiedeva quanto avessero bevuto per festeggiare: “Ci siamo fatti a merda”.
Con queste tre mosse è entrato nella storia, che già lo registrava come campione (d’Europa). Se lo sono disputato il Lille, scudettato di Francia, e la Juventus. Ha infine prevalso il Genoa. È dunque così forte? I tifosi del Torino risponderebbero con le lacrime agli occhi. Di gioia, ricordando le prime stagioni. Di disperazione, rivivendo l’ultima. Metà dei tiri nello specchio della sua porta è diventato un gol (peggior rapporto in serie A). Ha incassato 11 reti più di quelle “mediamente attese”, ovvero da tiri che un portiere regolare para (in altre stagioni ha fatto segnare invece -4). In questo conteggio è stato maglia nera in Europa. Le statistiche, si sa, non fanno la storia, o i rigoristi inglesi avrebbero battuto quelli italiani, ma nella carriera di Sirigu ci sono sempre due fasi.
A Parigi prima fu “l’angelo italiano” poi cadde dal cielo, sostituito da Trapp. A Siviglia partì titolare, poi gli subentrò Rico (oggi uno dei 10 al servizio dello sceicco nel Grand Hotel Psg). All’Osasuna parò 2 rigori in un minuto, poi subì 7 gol in una partita, come gli è accaduto 4 volte in carriera. Nelle due al Toro se l’è presa con i compagni, ma la ricorrenza del dato gli appartiene. La permanenza in azzurro è dovuta anche alla scelta di Mancini di creare un gruppo, nel quale ha un ruolo chiave. Si è pure fatto trovare pronto, nel caso: ma con Donnarumma è davvero un caso. Proprio Donnarumma, nominato miglior giocatore agli Europei, ci riporta alla domanda iniziale: che cosa rileva? In finale ha parato gli stessi rigori di Pickford (la differenza sta nel palo di Rashford) e l’inglese ha fatto più interventi decisivi, ma ci è arrivato con peggior nomea, inferiore ingaggio e arrossato pallore. C’è di buono che tutto passa: le sbornie, le frasi a effetto, gli errori e le prodezze. Anno nuovo, maglia nuova e si ricomincia: Sirigu, ‘ndo stai?