Molte delle idee dei ricercatori derivano dal lavoro fatto su altri tipi di catastrofi, come gli studi sulle reazioni alle inondazioni, ai disastri nucleari, alle eruzioni vulcaniche e soprattutto agli uragani.
Ma uragani e incendi boschivi differiscono in diversi modi, alcuni ovvi e altri meno. Gli uragani normalmente sono più grandi e colpiscono intere regioni. Negli Stati Uniti questo può richiedere la collaborazione di molti stati e agenzie, dal momento che le persone devono percorrere distanze maggiori. Ma gli uragani sono anche relativamente prevedibili e lenti, e tendono a dare alle autorità molto più tempo per organizzare le evacuazioni per fasi, in modo che le persone non si mettano in strada tutte contemporaneamente. Gli incendi invece sono meno pronosticabili e richiedono comunicazioni rapide.
La decisione di fuggire o meno è influenzata anche da una triste verità: i residenti che restano nella propria casa durante gli uragani non possono fare molto per scansare il disastro. Chi invece si ritrova nel bel mezzo di un incendio boschivo a volte riesce a difendere la propria casa con l’acqua. “Psicologicamente, l’evacuazione dagli incendi è molto difficile“, spiega Asad.
I fattori psicologici ed economici
Le ricerche condotte finora suggeriscono che le reazioni agli incendi e la scelta di rimanere a casa, andarsene o elementarmente aspettare per un po’ possono essere determinate da una serie di fattori: se i residenti hanno già ricevuto allerte per incendi boschivi in passato e se questi avvisi sono stati poi seguiti da minacce reali. Ma incide anche il modo in cui viene comunicata l’emergenza, e come reagiscono i propri vicini.
Un’indagine condotta nel 2017 e nel 2018 su circa 500 persone evacuate dagli incendi in California ha rilevato che alcuni residenti di lunga data che avevano già affrontato molti casi simili sono meno propensi a fuggire, mentre altri hanno fatto l’esatto opposto. In generale, le persone con un reddito basso sono risultate meno propense a evacuare, forse a causa di un accesso limitato ai mezzi di trasporto o a luoghi in cui alloggiare. Indagini di questo tipo possono essere utilizzate dalle autorità per creare modelli che indichino quando, e a quali persone, ordinare un’evacuazione.
Una delle difficoltà nella caccia in questo campo è rappresentata dal fatto che i ricercatori non classificano necessariamente gli incendi boschivi nella categoria delle “condizioni meteorologiche estreme”, sottolinea Kendra K. Levine, direttrice della biblioteca dell’Institute of transportation studies dell’Università della California – Berkeley. I venti Santa Ana nella California meridionale, per esempio, non sono insoliti ma anzi si verificano ogni anno. Combinati con la siccità storica della regione, probabilmente legata al cambiamento climatico, gli incendi boschivi iniziano a sembrare più simili a un evento meteo ricorrente. “Le persone stanno iniziando a fare i conti” con questa dimensione, spiega Levine, e questo ha portato a un maggiore interesse e a una maggiore caccia da parte degli esperti di fenomeni meteorologici estremi.
Asad dice di aver già partecipato a incontri per discutere di come utilizzare i dati raccolti durante i disastri di questa settimana per ricerche future. È un marginalissimo aspetto positivo dell’attuale crisi nell’area di Los Angeles: l’orrore vissuto dai californiani in questi giorni potrebbe produrre importanti scoperte che aiuteranno altri a scansare il peggio in futuro.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.