di Will Bedingfield
Da quando in Zero Wing il personaggio di Cats pronunciò la minaccia, formulata in un inglese sgangherato, “all your base are belong to us” (che in italiano suonerebbe grossomodo: “tutte le tue base sono appartengono a noi”) circa trent’anni fa, la scrittura dei dialoghi nei videogiochi è stata accolta con vari livelli di entusiasmo. Spesso, viene tacciata di essere eccessivamente pomposa, scontata e semplicemente priva di senso. Allo stesso tempo, è diventata un genere a sé stante molto amato e immediatamente riconoscibile. Se i primi terribili dialoghi passati (loro malgrado) alla storia erano per lo più dovuti a pessime traduzioni – come nel caso del gioco arcade degli X-Men del 1992, in cui Magneto si faceva la sua comparsa presentandosi come “Magneto, master of magnet!” (una cosa tipo: “Magneto, maestro del magnete!”) e gridava “Benvenuto… a morire!” (“Welcome … to die!”) – in molti casi riescono a essere agghiaccianti da soli: Peter Dinklage, per esempio, ha cercato di adottare un approccio sfumato alle sue battute per Destiny, finendo invece per sembrare drogato.
Hollywood ha speso miliardi di dollari per cercare di adattare i franchise di videogiochi in film e serie TV, ma a decenni di distanza da quando un Dennis Hopper con gli occhi di fuori terrorizzava i bambini di tutto il mondo con la sua interpretazione di Bowser nel film su Super Mario, non ci è ancora riuscita. L’ultima serie che sta per imbarcarsi nell’impresa è Fallout. All’inizio di questo mese è stata diffusa la notizia che Amazon sta lavorando ad un adattamento della serie di videogiochi di Bethesda. Sulla carta una terra desolata post-apocalittica e retro-futuristica – una versione bombardata della Manhattan di Don Draper, ma con maggiordomi robot – sembrerebbe un colpo a botta sicura. Ma ecco il problema: la società che ha realizzato il gioco ha fatto più di qualsiasi altra dimora produttrice moderna per promuovere l’idea che la scrittura dei videogiochi sia terribile. Dagli orfani furiosi in Fallout alla “vogliosa cameriera argoniana” in The Elder Scrolls, i personaggi spesso si dedicano a quello che i giocatori, che catalogano questi momenti su YouTube, definiscono “dialogo alla Bethesda (di cui ci sono infiniti esempi). Solo Fallout 4 aveva 111mila battute registrate e ora qualche sfortunato sceneggiatore dovrà mettere insieme le terribili trame del franchise, che comprendono mutanti gialli di 2 metri che bisticciano su chi deve “raccogliere più umani“.
Questo non vuol dire che sia un’impresa impossibile. Portare il franchise in tv permetterà agli autori di sgrezzare gli scambi goffi e cogliere il fascino epico della serie, anche se a volte dare a un’idea confusa più spazio per espandersi crea solo più confusione. Per adattare veramente ciò che Bethesda ha fatto con Fallout, piuttosto, esiste un’unica soluzione: renderla una commedia surreale.
Uno dei motivi principali per cui Bethesda è stata in grado mantenere dialoghi posticci per così tanto tempo e cavarsela – la ragione per cui i loro giochi sono ancora popolari, ad anni di distanza dall’uscita – è che il dialogo si svolge nel contesto di un gioco. Contiene tensione. Si dipana come un dibattito, e viene ravvivato dalla suspense che comporta il dover scegliere la cosa giusta da dire. Se si prende tutto questo e lo si trasforma in qualcosa dove il giocatore/spettatore non ha voce in capitolo, in cui uno sceneggiatore ha preso la decisione per lui, si è destinati a fallire miseramente. Internet ha ripetutamente sottolineato come i dialoghi nei Fallout originali e in Fallout New Vegas siano superiori a quelli di altri titoli. Eppure anche lo scambio finale di New Vegas con il signore della guerra con tanto di piume rosse e maschera d’oro, il legato Lanius, è meno emozionante se non sei tu a cercare di convincerlo a non saccheggiare la diga di Hoover.
Spesso capita che gli spettatori, in particolare i critici, non colgano ciò che rende grande un’opera d’arte, perché si aspettano che questa soddisfi qualche aspettativa preconfezionata: in questo caso, una conversazione riconoscibilmente umana. E se invece gli sceneggiatori di Fallout prendessero un’altra strada? Bethesda, involontariamente o meno (probabilmente più intenzionalmente di quanto si creda), crea mondi bizzarri e surreali. In uno dei primi pezzi che ho scritto per Wired, sull’inquietante comicità dell’intelligenza artificiale cattiva nei videogiochi, ho citato l’accademico Peter Stockwell, secondo cui è “l’incongruenza” l’elemento che definisce l’umorismo surrealista – battute che “attirano l’attenzione sui loro stessi paesaggi svelandone l’assurdità […] e che resistono all’immersività”. I mondi di Bethesda sono mondi onirici à la Truman Show, popolati da persone-automa che vivono le loro vite in circoli assurdisti.
Questa assurdità si estende alla scrittura, sia che l’esperienza arrivi attraverso il testo bianco sullo schermo o che venga captata di sfuggita in incontri casuali. Il dialogo di Bethesda è combinatorio, dà la sensazione che ogni battuta sia solo tangenzialmente collegata alla successiva. La maggior parte delle persone ha familiarità con questa forma di espressione grazie all’opera di David Lynch: le affermazioni criptiche, le pause sconcertanti, i non sequitur, la sensazione che i personaggi stiano parlando in modo enigmatico, leggendo da un gobbo, invece che tra di loro. I mondi di Bethesda hanno un fascino simile. Lo studio ha preso due delle ambientazioni moderne più abusate – il fantasy e l’apocalisse – e le ha riempite di caos. I personaggi stereotipati – Fithragaer di Elder Scrolls, l’elfo sorridente, per esempio – finiscono spesso in situazioni orribilmente tetre, come quando danno allegramente commiato al giocatore mentre vengono schiacciati da una colonna di pietra. I giochi Bethesda sono anti-immersivi, alienano costantemente i giocatori attirando l’attenzione sull’esistenza del gioco stesso. È questa la forma definitiva dello humor nero dei personaggi di Bethesda: non solo vivono l’apocalisse, o combattono draghi in un mondo alla Tolkien: sono intrappolati in un gioco incredibilmente incompetente.
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www.wired.it
2022-01-21 19:24:24