Aggrediti anche a colpi di arma da fuoco, con raffiche che hanno lambito le lance di soccorso, minacciati e ignorati quando chiedevano ai libici di allontanarsi e adesso anche fermati. Per non aver rispettato le indicazioni della Guardia Costiera di Tripoli e aver creato una presunta situazione di pericolo istigando i naufraghi intercettati a buttarsi giù dalla motovedetta, la Capitaneria di porto di Pozzallo ha notificato alla Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans un provvedimento di fermo per venti giorni.
“La decisione arriva da Roma, così ci hanno riferito in Capitaneria”, ha detto Luca Casarini. “Questa è chiaramente una rappresaglia, ma a Meloni diciamo che non abbiamo paura e non ci fermeremo. I nostri legali sono già al lavoro”. Per il comandante della Mare Jonio, Giovanni Buscema, è “una vergogna”. E lo ha fatto anche mettere a verbale
Nonostante l’assai scarsa attendibilità della Guardia costiera libica – gli ultimi provvedimenti di fermo di navi ong basati sulle affermazioni dei “colleghi di Tripoli” sono naufragati in Tribunale – a Pozzallo, dove una settimana fa il giudice ha sbugiardato i libici e le autorità che avevano dato loro credito, liberando Sea Watch, si insiste.
Spari contro la Mare Jonio che soccorreva i naufraghi, ecco il video dell’aggressione libica
L’accusa: “Mare Jonio ha creato una situazione di pericolo”
A dispetto dei video che mostrano chiaramente il tentativo di abbordaggio da parte di un gommone calato dalla Fezzan, una delle prime imbarcazioni regalate dall’Italia a Tripoli, e gli spari ripetuti contro rhib e nave madre, per le autorità italiane sarebbe stata Mare Jonio a “creare una situazione di pericolo”.
Tutte bugie per il capomissione Danny Castiglione, che durante l’operazione era in acqua su uno dei rhib. “Vorrei sapere com’è possibile questo fermo, perché non sono state prese in considerazione le nostre testimonianze, il diario di bordo, le comunicazioni e i video che provano che siamo stati attaccati a colpi di arma da fuoco. I nostri ministri perché non sono qui ad ascoltare soccorritori italiani aggrediti invece di frequentare i salotti di questi signori”.
Il soccorso e l’aggressione
Quando la motovedetta libica è arrivata, Mare Jonio stava soccorrendo un barchino in vetroresina con il motore in avaria. La sua posizione era stata segnalata da Alarm phone e da un aereo militare maltese e dal ponte della nave di Mediterranea, come da prassi, avevano segnalato a tutte le autorità costiere l’inizio delle operazioni.
Il team in acqua stava distribuendo i giubbotti di salvataggio, quando sulla scena è arrivata la Fezzan. Da Mare Jonio è arrivata la comunicazione dell’intervento in corso e l’invito a tenersi a distanza per evitare di far agitare i naufraghi ancora su un barchino assai precario e dalla motovedetta sembrava avessero dato luce verde. “Improvvisamente – spiega Castiglione – li abbiamo visti dirigersi verso di noi a tutta macchina”. Fra i naufraghi si è scatenato il panico, cresciuto quando in mare è stato calato anche un tender che si è diretto a tutta velocità verso il rhib di Mare Jonio. Terrorizzate, diverse persone si sono gettate in acqua mentre dalla motovedetta iniziavano a sparare.
La fuga dei naufraghi dalla motovedetta
Sulla prua dell’imbarcazione libica, inginocchiati schiena al mare, c’erano già un centinaio di naufraghi, intercettati in precedenti operazioni. Approfittando della distrazione delle guardie, impegnate a minacciare l’equipaggio di Mare Jonio, alcuni si sono lanciati in acqua. “Sono stato intercettato quattro volte e ogni volta è stato tornare all’inferno”, ha raccontato all’equipaggio Kalos, uno dei naufraghi saltato giù dalla Fezzan, dopo essere rimasto per quattro anni bloccato in Libia, dove ha subito ogni forma di violenza e abuso. “Noi non abbiamo invitato nessuno a tuffarsi”, afferma Castiglione. “Molti naufraghi – aggiunge il medico di bordo Vanessa Guidi avevano diverse contusioni fresche, ragionevolmente riconducibili alle violenze subite sulla motovedetta e uno presentava una ferita aperta sulla testa. Ci ha detto di essere stato colpito con il calcio del fucile mentre era in acqua”.
Il provvedimento
Secondo le autorità italiane sarebbe stata Mare Jonio a istigare lui ed altri a lanciarsi fra le onde, creando così una situazione di pericolo e “disturbando” le attività della motovedetta di Tripoli, in quel momento impegnata a sparare contro la nave di soccorso. Su che basi? Le informazioni fornite dalla Guardia costiera di Tripoli. “Come il predetto centro libico ha riferito – si legge nel provvedimento – un gommone della nave ong si è avvicinato alla motovedetta libica che aveva a bordo persone in precedenza “soccorse” ed ha incitato i migranti a lanciarsi in mare”.
Nessun riferimento alle frustate che venivano inflitte ai naufraghi, tanto meno agli spari contro i soccorritori, ma solo l’accusa – infamante per una nave di soccorso – di aver “creato pericolo per la vita umana”. Una versione che le autorità italiane hanno preso per buona. “E’ una vergogna che il governo del mio Paese finanzi e sostenga questi criminali. La ricostruzione delle autorità libiche è completamente falsa. Lo ricostruiremo nelle sedi competenti”, ha commentato il comandante di Mare Jonio, Giovanni Buscema, quando il provvedimento gli è stato notificato. E ha preteso anche che fosse messo a verbale.
Nicita: “Subito un’interrogazione parlamentare”. Il sindaco di Pozzallo: “Effetti disumani del decreto Piantedosi”
Sulla Mare Jonio in mattinata si è fatto vedere il senatore dem di Siracusa, Antonio Nicita , che per ore è rimasto a parlare con l’equipaggio. “Il quadro che emerge è sconcertante – spiega – Il verbale di fermo descrive un “fatto” acquisito senza sentire l’equipaggio che pure dispone di video e di registrazioni. Presenterò un’interrogazione parlamentare urgente su quanto accaduto”. Interviene anche il deputato di Avs e leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni “Invece di perseguire chi spara contro dei naufraghi e chi, come è stato documentato dalla Ong, frusta degli esseri umani sulle imbarcazioni regalate e finanziate dal governo italiano, si accaniscono contro chi salva delle vite. Meloni, Piantedosi, Crosetto non hanno nulla da dichiarare? Tutto normale per loro? Anche questa volta faranno finta di niente, ma lo dovranno comunque spiegare in Parlamento e all’opinione pubblica del nostro Paese”. E annuncia: “Una cosa è certa e se ne devono rendere conto anche a Palazzo Chigi: l’Italia non può essere complice di queste milizie violente e sanguinarie, che rispettano alcuna norma del diritto internazionale, e non hanno alcun rispetto per i diritti umani”.
Da Pozzallo, il sindaco Roberto Ammatuna tuona contro il fermo e il decreto Piantedosi che è alla base. “Le condizioni meteo-marine migliorate,favoriscono gli arrivi di migranti che partono dalle coste nord-africane con tutti i mezzi di fortuna possibili. Ecco perché diventa veramente assurdo il provvedimento di notifica di una multa fino a 10.000 euro e il fermo amministrativo alla Ong Mediterranea.In parole povere, chi rischia la propria incolumità e salva la vita di tanti esseri umani,deve essere sanzionato”. Per il sindaco “purtroppo il Decreto Piantedosi continua a produrre effetti disumani e assolutamente inaccettabili. Ma a stabilire che la Libia non è un porto sicuro è stato un verdetto della Corte di Cassazione,che con propria sentenza definitiva ha formalizzato il principio che facilitare la riconsegna dei migranti alle Autorità di Tripoli è un crimine. Occorre modificare il Decreto Piantedosi per essere più in linea con le normative di un Paese civile”
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-04-06 14:58:04 ,palermo.repubblica.it