Fuori i partiti dalla Rai. Il giorno dopo il polverone sollevato dalle dichiarazioni del rapper Fedez sulla censura preventiva subita al concertone del 1° maggio, il leader del Pd, Enrico Letta, invoca «un cambio di passo, una fortissima discontinuità» nelle imminenti nomine dei componenti del consiglio di amministrazione Rai. Come? Lasciando fuori dal cda parlamentari in carica o ex. «Il criterio sia il curriculum», è la sfida «forte e ambiziosa» lanciata alle altre forze politiche. E per questo serve che il premier Mario Draghi e il ministro dell’Economia, Daniele Franco, siano «sulla stessa linea». Del resto, Letta legge la polemica di queste ore come «l’ennesima conferma del fallimento della gestione Rai» nata durante il governo M5S-Lega.
La sfida del segretario del Pd cade quando una parte dei giochi per il rinnovo del cda è fatta. Questa settimana saranno resi noti i nomi dei candidati al cda, i cui curricula sono stati depositati alle Camere. La legge vigente assegna a queste la prerogativa di scegliere, dall’elenco, quattro componenti. Altri due membri, scelti dalla medesima lista, sono individuati dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Economia: tra questi c’è l’amministratore delegato. L’ultimo membro è scelto dai dipendenti Rai. L’indicazione di Letta spiazza dunque i candidati «politici», già compresi in quei curricula, che alcuni partiti si apprestavano a sostenere. E mette il turbo all’ipotesi che almeno i prossimi vertici possano essere tecnici. Negli scorsi giorni si è parlato di Tinny Andreatta o Paolo Del Brocco, come ad, e Ferruccio de Bortoli o Paola Severini Melograni, come presidente.
Ma ieri si è registrata anche la richiesta dell’ex premier Giuseppe Conte, leader in pectore del M5S, di «riformare la governance della Rai», tenendo fuori i partiti, tramite una fondazione. Che, forse non a caso, è quanto contenuto in una proposta di legge del Pd, rilanciata ieri dal suo primo firmatario: il ministro del Welfare, Andrea Orlando, rimasto vicino a Conte. «E se passassimo ai fatti? — commenta il leader del sindacato Usigrai, Vittorio Di Trapani -. I partiti che ieri si sono indignati chiedano la calendarizzazione immediata dei disegni di legge che cambiano la governance Rai». Gli attuali vertici Rai, di cui alcuni partiti hanno chiesto le dimissioni, si sono difesi addossando la responsabilità della lamentata censura alla iCompany, organizzatrice del concerto: «In Rai non esiste e non deve esistere nessun “sistema” e se qualcuno – ha detto l’ad Fabrizio Salini – parlando in modo non appropriato per conto e a nome della Rai, ha usato questa parola mi scuso».
Il caso Fedez-Rai: per approfondire
Salini promette che «sarà fatta luce con gli organizzatori del concerto, che la Rai acquista e manda in onda fin dalla sua prima edizione, per capire come sia stato possibile soltanto ipotizzare un’aberrazione del genere e se esistano delle responsabilità aziendali». Fioccano intanto le ricostruzioni su quanto avvenuto: la prevalente vuole che ad allertare iCompany e la vicedirettrice di Rai3, Ilaria Capitani, siano stati esponenti leghisti che, già dal pomeriggio di sabato, battibeccavano via social con Fedez, «consigliandogli» caldamente di non intervenire su temi politici.
3 maggio 2021 (modifica il 3 maggio 2021 | 09:16)
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