Geroglifici, un progetto per creare un traduttore automatico

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di Chiara Dilucente

Uno studio italiano multidisciplinare svela la possibilità di applicare le tecniche dell’intelligenza artificiale e del deep learning allo studio dei geroglifici egizi, con risultati promettenti

geroglifici
Foto: Jeremy Bezanger | Unsplash

Carpire i segreti dietro i geroglifici grazie all’informatica (e passando per la medicina): l’intelligenza artificiale, infatti, promette di fare luce sulla comprensione dei documenti scritti dell’antico Egitto a partire da semplici scatti fotografici, su qualsiasi supporto essi siano scritti. Tutto grazie all’utilizzo del deep learning, che sfrutta gli algoritmi basati su reti neurali per l’analisi delle immagini, una tecnica ampiamente utilizzata in tutti i campi della conoscenza, compresa l’analisi di immagini biomediche. Grazie all’impiego di questo paradigma decisamente innovativo, sarà possibile riconoscere, classificare e supportare la traduzione di testi antichi in maniera automatica: è quanto emerge da uno studio frutto di una collaborazione tra Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’Università di Firenze e il Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies (Camnes), di Firenze. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Ieee Access.

I testi di 5.000 anni fa, le tecniche di oggi

È ormai ampiamente riconosciuto che intelligenza artificiale e deep learning si stanno diffondendo in qualsiasi campo della scienza, dalla fisica teorica alla medicina clinica, con risultati straordinari. Questi progressi, però, iniziano a riguardare anche discipline come l’archeologia, la filologia e le scienze umane, perseguendo obiettivi ambiziosi: per esempio, sfruttando metodi provenienti da altri campi, in cui i sistemi di intelligenza artificiale e di machine learning hanno già messo radici forti e profonde, si potrebbero identificare, classificare e tradurre in maniera automatica i geroglifici egizi.

I geroglifici, i segni della scrittura degli antichi Egizi, sono rappresentati da un ampio spettro di ideogrammi, assegnabili a circa 26 categorie, che, combinati tra loro, sono in grado di formare parole e suoni. Nel corso dei quasi 5.000 anni di storia di questa civiltà, i geroglifici sono stati scritti in molteplici modi, in diverse direzioni e su vari supporti come papiro, legno e pietre. E soprattutto, in enorme quantità: i documenti scritti degli antichi Egizi che dal 3.000 avanti Cristo sono arrivati fino ai giorni nostri sono numerosissimi, e la maggior parte di questi deve essere ancora acquisita, tradotta e interpretata. Un’impresa titanica, se perseguita con i metodi tradizionali: da qui, l’idea di sfruttare i progressi derivanti dall’applicazione delle tecniche di intelligenza artificiale e deep learning.

Come un traduttore automatico

Nel facilitare lo scambio fra campi di ricerca diversi, come è successo per questo lavoro, sono state unite competenze di egittologia, ingegneria informatica e fisica applicata”, afferma la ricercatrice Cnr Costanza Cucci. Infatti i ricercatori, grazie all’esperienza sviluppata da Andrea Barucci, primo autore dell’articolo, nell’elaborazione automatica di immagini cliniche, si sono chiesti se un paradigma del genere potesse essere applicato anche al riconoscimento di simboli antichi.

Per fare ciò, hanno utilizzato le reti neurali convoluzionali, strumenti estremamente potenti e versatili utilizzati nel deep learning che, imitando il funzionamento della corteccia cerebrale visiva animale, consentono il riconoscimento automatico di immagini. In particolare, è stata testata la capacità di queste reti neurali di identificare e classificare gli ideogrammi, con risultati estremamente promettenti. La ricerca, infatti, non solo ha dimostrato la reale possibilità di tradurre in maniera automatica gli antichi documenti egizi, ma offre nuove prospettive per la risoluzione di problemi relativi alla scrittura egizia, che, ad oggi, rimangono per gli egittologi delle vere e proprie questioni aperte.

Ovviamente, il tutto sempre di concerto con chi se ne intende. “L’intuizione dell’esperto è ancora fondamentale nell’integrazione delle complesse analisi fornite dagli algoritmi di intelligenza artificiale e il futuro impone una sempre maggiore armonizzazione fra l’analisi informatica e quella umana” afferma Massimiliano Franci, egittologo del Camnes. “La speranza”, aggiunge Barucci, “è che questo primo studio apra la strada verso una stabile collaborazione fra le comunità che si occupano di archeologia e di intelligenza artificiale, per creare nuovi strumenti che facilitino il lavoro degli studiosi delle scritture delle antiche civiltà”.





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www.wired.it
2021-09-24 15:30:04

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