Al gruppo di ricerca e sviluppo partecipò anche una delle menti più brillanti del Ventesimo secolo, il premio Nobel nel 1938 e primo docente italiano di fisica teorica Enrico Fermi. Un portento della fisica e della matematica fin dalla giovane età, che già a partire dagli anni Trenta portò avanti numerosi studi nel campo della fissione nucleare e, insieme al suo team, scoprì l’importanza di rallentare i neutroni per mettere a punto le prime reazioni atomiche. Compreso il potenziale della fissione per produrre energia, nel dicembre del 1942 mise in azione la prima pila atomica, chiamata Chicago Pile 1: di fatto, un primo prototipo di reattore nucleare. Nello stesso periodo nacque il progetto Manhattan, dove Fermi ebbe un ruolo di primissimo piano per la progettazione e la soluzione di problemi tecnici di vario tipo.
La squadra era comunque nutritissima: tra gli altri che meritano quantomeno una citazione ci sono Niels Bohr, Victor Weisskopf, Eugene Wigner, John von Neumann, Max Frisch, Edward Teller, l’italiano Emilio Segrè e James Chadwick.
Un atto di distruzione, tra luci e ombre
Tra i più noti scienziati del tempo, oltre che emigrato negli Stati Uniti nel 1933 per via delle persecuzioni razziali contro gli ebrei, fu parte attiva del progetto anche Albert Einstein. Premio Nobel per la fisica nel 1921, attraverso una lettera consegnata l’11 ottobre del 1939 al presidente americano Franklin Delano Roosvelt divenne un protagonista non solo della parte strettamente scientifica del progetto, ma anche della discussione geopolitica sull’opportunità di realizzare armi così potenti e distruttive. In particolare, con la sua missiva lo scienziato metteva in guardia il popolo degli Stati Uniti sullo sforzo in corso da parte di Hitler e dei nazisti verso la creazione di ordigni di enorme potenza. Dopo questa presa di posizione così autorevole iniziarono in varie università statunitensi le ricerche sulla fissione nucleare. Un ruolo spettò anche al presidente americano del tempo Harry Spencer Truman con la cosiddetta operazione Trinity, nome in codice con cui era indicata la prima detonazione al mondo di un’arma nucleare.
La scelta di procedere con il lancio fu molto controversa e suscitò il malcontento di molti scienziati, anche tra coloro che avevano collaborato alla concretizzazione del progetto. Per esempio, lo stesso Leo Szilard promosse una petizione insieme a tutti coloro che si opponevano alla bomba per ragioni morali. Anche Enrico Fermi, dopo lo sgancio del primo prototipo il 16 luglio del 1945 nel deserto della Jornada del Muerto, nel Nuovo Messico, si spaventò nel constatare il potere distruttivo dell’ordigno appena creato e iniziò a mettere in dubbio la necessità di procedere con un simile atto di distruzione. E ancora più clamore, tra gli scienziati e non solo, fece la scelta di sganciare la bomba atomica sulle due città giapponesi, dando una dimostrazione di forza senza precedenti e determinando la fine del conflitto. Una decisione che aprì lunghe discussioni sul significato stesso di tutto il percorso scientifico portato a termine.
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di Gianluca Dotti www.wired.it 2023-08-22 04:50:00 ,