Negli ultimi due anni circa si è parlato molto di granchio blu (Callinectes sapidus), una specie originaria dell’Oceano Atlantico e aliena per il Mediterraneo, arrivata tramite le acque di zavorra delle navi cargo. C. sapidus sta causando ingenti perdite economiche nel settore ittico specialmente nel nord dell’Adriatico, a causa della sua voracità e dell’assenza di predatori che possano controllarne la diffusione. Col tempo si è passati poi a considerare il granchio blu come una risorsa alimentare, dato che le sue carni sono commestibili. Recentemente, però, i ricercatori del Centro specialistico ittico (Csi) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (Izsve) hanno rilevato la presenza di un parassita che rende amare le carni del granchio blu, compromettendone l’appetibilità per i consumatori.
La “malattia del granchio amaro”
A causare la Bitter Crab Disease (Bcd), nota anche come “malattia del granchio amaro”, è un parassita appartenente al genere Hematodinium. I granchi affetti da questa patologia tendono a mostrare letargia e una minore resistenza al trasporto e alla manipolazione, comportamenti segnalati soprattutto in Emilia-Romgna dagli operatori del settore a partire dalla tarda primavera del 2024. Dai risultati delle analisi del Csi è poi emerso che la superiorità di esemplari positivi al parassita in Veneto è del 33% e in Emilia-Romagna addirittura del 97%. Nelle aree lagunari del Friuli Venezia Giulia il parassita non è stato invece rilevato.
L’infezione da Hematodinium sp. induce una serie di cambiamenti fisiologici nei tessuti dei crostacei e nell’emolinfa circolante (il “sangue” per così dire di questi animali). In particolare, il cambiamento delle caratteristiche organolettiche della carne di granchio blu è dovuto alla rapida proliferazione del parassita, che porta a un elevato consumo di nutrienti con conseguente riduzione dei livelli di glucosio e di glicogeno nell’emolinfa e in alcuni organi dell’animale.
Il parassita non è trasmissibile all’essere umano
Al momento sono stati analizzati 225 esemplari di Callinectes sapidus di taglia commerciale, prelevati da sette siti lagunari: Grado, Marano Lagunare, Caorle, Chioggia, Sacca di Scardovari, Goro e Marina di Ravenna. I campionamenti sono stati realizzati tra aprile e maggio del 2024 con la collaborazione di mercati ittici e cooperative locali. Per rilevare il parassita i ricercatori hanno effettuato test molecolari su campioni di emolinfa (come la real-time Pcr, quella che si utilizza anche per individuare il Sars-Cov-2) e analisi istologiche e citologiche su campioni di tessuti.
Hematodinium sp., sottolineano gli esperti, non è trasmissibile e non causa infezione e malattia negli esseri umani. Tuttavia, il consumo di granchio blu crudo o poco cotto può comportare altri potenziali rischi per la salute, come gastroenteriti acute causate da vibrioni presenti sull’esoscheletro o direttamente nelle carni. Dall’Izsve consigliano quindi di consumare il crostaceo solo dopo averlo cotto.
Se la diffusione del parassita causerà una riduzione della cittadinanza del granchio blu nell’Adriatico è ancora presto per dirlo. Quello che sappiamo è che Hematodinium sp. è capace di infettare diverse specie di crostacei marini, e potenzialmente di causare quindi un decremento nelle popolazioni autoctone. In ogni caso, concludono gli esperti, per avere un quadro più chiaro saranno necessari ulteriori studi.
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di Sara Carmignani www.wired.it 2025-01-24 14:30:00 ,