Guido Rasi: “Niente panico, quello di Johnson&Johnson è un vaccino efficace ed eviterà migliaia di morti”

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Numeri piccoli, decisione esagerata. Dell’importanza di vaccinarsi a pieno ritmo resta convinto Guido Rasi, ex direttore dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema), microbiologo dell’università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico di Consulcesi. «I casi sospetti di trombosi legati al vaccino di Johnson&Johnson sono meno di uno su un milione. Quelli gravi o fatali uno su tre milioni. Sull’altro piatto della bilancia ci sono gli oltre tremila morti dell’ultima settimana per Covid. Sarebbero tutti o quasi con noi, se avessero fatto in tempo a ricevere quell’iniezione».

Però l’azienda ha sospeso la distribuzione in Europa.
«Scelta responsabile. Se gli Stati Uniti, il Paese in cui di fatto il vaccino è stato sviluppato, sospendono Johnson&Johnson, è chiaro che l’azienda preferisca fermare la distribuzione anche in Europa. Ma immagino che sarà uno stop breve».

I numeri sono piccoli, però i casi di trombosi sono stati reali e caratterizzati con molta precisione. Non è normale che ci sia timore?
«È un timore che va superato perché il rischio del Covid è molto più alto. Mille comportamenti che adottiamo ogni giorno sono più pericolosi del vaccino, dal salire in auto al prendere la pillola anticoncezionale».

Per i casi di trombosi, sia pur rarissimi, non ci sono fattori di rischio noti. Questo non inquieta?
«Le donne giovani sono più colpite, ma all’interno di questa categoria in effetti non sappiamo perché avvenga una trombosi. Abbiamo visto che il rischio non aumenta con la pillola anticoncezionale, né con i fattori di rischio genetici che siamo in grado di individuare, né con tutte le altre cause che normalmente possono favorire una trombosi».

A differenza di AstraZeneca, Johnson&Johnson aveva individuato un caso anche nelle sperimentazioni. Perché non si è approfondito il problema?
«Proprio perché si tratta di una forma di trombosi così rara e particolare, nulla in quella fase poteva far pensare a un legame con il vaccino».

Però le persone che rischiano di più con il vaccino — sia pur in percentuali minime — sono quelle che rischiano meno con il Covid.
«Per questo si è deciso di riservare AstraZeneca agli over 60».

Ma all’inizio avevamo deciso di riservare i vaccini più efficaci agli anziani: quelli a Rna di Pfizer e Moderna.
«Nel frattempo abbiamo avuto nuovi dati sull’uso di AstraZeneca fra gli anziani nel Regno Unito. L’efficacia si è rivelata molto alta, vicina al 100% nell’evitare decessi e casi gravi».

Gli scettici sono tornati alla carica con una delle loro frasi bandiera: ci usano come cavie.
«Le sperimentazioni dei quattro vaccini approvati in Europa hanno seguito tutti gli standard di sicurezza. È normale che eventuali effetti avversi molto rari emergano quando si vaccinano milioni di persone. E mi pare che questi casi siano valutati con tutta l’attenzione che meritano».

C’è chi dice che siamo di fronte a una guerra commerciale.
«Magari fossimo già di fronte a una guerra commerciale. Il problema è che purtroppo chiunque sia in grado di produrre un vaccino ha, e avrà per molto tempo, spazio a volontà. Abbiamo 7 miliardi di persone da immunizzare, probabilmente anche con richiami ripetuti».

Abbiamo comunque vaccini a Rna più efficaci e, all’apparenza, con meno effetti collaterali rispetto a quelli approvati con il vettore virale. Perché usare questi ultimi?
«Perché non abbiamo vaccini sufficienti per tutti, perché abbiamo gli ospedali pieni, perché solo una piccola parte della nostra popolazione è già immunizzata e perché l’epidemia è ancora molto attiva. Purtroppo non siamo nelle condizioni di fermarci».

Superata l’emergenza, i vaccini a Rna potrebbero restare gli unici?
«È uno scenario verosimile. L’Rna si sta rivelando la piattaforma più efficace, e anche la più rapida nel mettere a punto vaccini aggiornati contro le varianti».

Sono anche più cari.
«Al momento si stanno reinvestendo molti profitti per ampliare la capacità produttiva. In effetti da Pfizer e Moderna stanno arrivando più dosi rispetto ai primi mesi».

Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, calcola che i vaccini in Italia abbiano salvato già 5mila vite. Le torna?
«È una stima molto credibile».

 



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