«Ho perso 60.000 euro in 10 anni» – Metropolisweb

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Torre del Greco/Ercolano. Davanti ai giudici della IX sezione del tribunale di Napoli non ha mostrato alcuna esitazione. Anzi. Con la voce ferma e decisa è riuscito a ricostruire un calvario lungo dieci anni, inchiodando i «signori del racket» lungo il Miglio Nero della camorra da Torre del Greco a Portici. Entra nel vivo il processo a carico di boss e fiancheggiatori di quattro clan – gli Ascione e i Papale, i Birra-Iacomino e i Vollaro di Portici – finiti alla sbarra per un’interminabile serie di estorsioni a imprenditori e commercianti. Un’attività criminale portata avanti dal 1999 – all’epoca, il pizzo si pagava in lire – fino al 2009, quando il coraggio di alcune vittime consentì alla direzione distrettuale antimafia di Napoli di scrivere la parola fine all’epopea del terrore all’ombra del Vesuvio.

La deposizione fiume

E proprio una vittima degli spietati aguzzini della camorra – il titolare di una ditta di ferramenta al confine tra Ercolano e Torre del Greco – ha aperto la fase dibattimentale in aula, rispondendo prima alle domande del pubblico ministero Francesco Ferrigno della Dda di Napoli e poi ai quesiti del collegio difensivo. Cominciando proprio dal 1999, quando fu costretto a consegnare al boss Luigi Nocerino – noto come Zì Luigi, oggi detenuto al 41 bis presso la casa circondariale di Opera a Milano – e a Domenico Nocerino materiale edile e idraulico per circa due milioni di vecchie lire, in modo da evitare «ripercussioni» del clan Ascione-Papale. Ma le «forniture gratuite» non erano l’unico prezzo da pagare ai Bottoni venuti dalla Sicilia. A cavallo tra il 2005 e il 2009 i vertici della cosca avrebbero «bussato» tre volte l’anno – a Natale, a Pasqua e a Ferragosto – alle porte del titolare della ferramenta, pretendendo somme variabili tra i 300 euro e i mille euro. In aggiunta a un televisore Samsung di ultima generazione per il nipote del padrino. Ma il nome dell’imprenditore non compariva solo sulla lista di Zì Luigi & company. In precedenza – a cavallo tra il 2003 e il 2005 – a pretendere il pagamento di somme tra i 200 euro e i 250 euro erano stati i fiancheggiatori di Giovanni Ascione, luogotenente della cosca di for ‘o ponte a Ercolano. «Ma le pretese non si limitavano solo ai soldi – il racconto shock in aula – In un’occasione venni convocato alla Moquette e Aniello Estilio mi minacciò di morte perchè presso il mio negozio c’era un lavoratore sgradito al clan». Nel 2007, poi, sarebbe stato Giorgio Di Bartolomeo a fare la «spesa» presso il negozio della vittima. Da cui venne portato via materiale edile e idraulico per circa 20.000 euro, ma pagati al titolare della ferramenta. Un «film» già visto agli albori del 2000, quando era stato proprio il boss Raffaele Ascione – oggi detenuto a Bologna – a rimodernare casa con pittura e piastrelle prese gratis dal negozio al confine tra Ercolano e Torre del Greco. Al termine dell’interrogatorio-fiume – durato circa tre ore – il processo è stato aggiornato a gennaio del 2020. Quando in aula sfilerà il secondo commerciante-coraggio pronto a buttare giù il muro di silenzio e a incastrare i «signori del racket» di quattro clan.

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