Non è un caso chiaramente ma il frutto di un lavoro iniziato proprio nel 2017 con la nuova legge cinema voluta e promossa da Dario Franceschini, che non solo ha aumentato i fondi pubblici e i finanziamenti per il cinema italiano, ma ha migliorato la maniera in cui sono elargiti, introducendo diversi criteri di merito (sia i premi ai festival, sia il box office, sia le vendite mondiali) e rendendo in diversi casi il sostegno pubblico proporzionale all’investimento privato, cioè più i film costano più si beneficia di aiuti governativi.
Questo ha portato ad un innalzamento drastico della qualità media di quel tipo di cinema che gira il mondo. Di certo non se ne accorge chi guarda le commedie di rapido consumo o i filmetti di scarsa esportazione (sempre realizzati con valori produttivi infimi e un gusto estetico sconfortante) ma tutto il resto del cinema, a partire da quello che gira i festival del mondo, è cambiato. Negli anni ‘90 i festival non avevano sempre film italiani, negli ultimi 20 anni siamo ovunque.
Tradizionalmente in Italia quello ‘da festival’ è considerato cinema che non fa un soldo, assistito dallo stato perché non si regge sulle sue gambe e parassitario, perché in effetti al nostro botteghino incassa poco e niente e quei film quindi sono visti e discussi poco e niente. È una concezione però miope. In realtà qualsiasi film selezionato ad uno dei principali festival d’Europa (Venezia, Cannes, Berlino, Locarno ecc. ecc.) ha un mercato potentissimo, viene venduto anche in 30, 40 paesi se vince un premio importante. Paesi nei quali non è certo campione d’incasso ma accumula piccole cifre e pubblici che, nel complesso, rendono tutto non solo sostenibile ma profittevole. Esiste un business intorno a quei film lì, cioè al cinema d’autore, molto grande. Le ricadute sono che poi i nostri attori vengono presi per film stranieri (Riccardo Scamarcio ha una buona carriera in produzioni internazionali, così ha avuto Favino, ce l’hanno Alba Rohrwacher, Matilda De Angelis e Luca Marinelli) e quelli stranieri vengono più volentieri da noi (Piccoli e Turturro hanno lavorato con Moretti, Penelope Cruz con Castellitto e Crialese, Dustin Hoffman con Carrisi e solo per fare i nomi grandi ma ce ne sono tanti di medio livello anche), sempre più produzioni vengono a girare sul suolo italiano (usando quasi sempre maestranze italiane, spendendo denaro in loco e usufruendo dei nostri sgravi fiscali per il cinema) e questo sta mutando da dentro i nostri film.
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di Gabriele Niola www.wired.it 2022-10-16 04:40:00 ,