Il componente del Cts sull’estensione dell’obbligo: «L’80 % di vaccinati non ci garantirà l’immunità di gregge, la variante Delta non consente di sentirci al sicuro»
«Parlare di immunità di gregge con l’80 % di vaccinati, non è più possibile. Un uso il più esteso possibile del green pass che faccia crescere il numero dei vaccinati, è quindi l’unico modo per mantenere questo stato di cose: vivere normalmente, senza le restrizioni del passato». Fabio Ciciliano, componente del Cts, in rappresentanza del dipartimento di Protezione civile, sgombra il campo dai dubbi, almeno da quelli di merito: l’estensione dell’obbligo di green pass è necessaria. «Ma le scelte, alla fine, competono sempre alla politica».
Dottor Ciciliano, fine settembre arriva e anche l’obiettivo dell’80 % di completamente immunizzati è a portata di mano. Perché non basta per sentirci al sicuro?
«Quell’obiettivo risente delle condizioni del periodo in cui ci trovavamo quando è stato fissato. Fronteggiavamo il ceppo originario del virus, non la contagiosissima variante Delta. Inoltre anche i comportamenti individuali erano diversi: usavamo tutti la mascherina».
Parla dell’obbligo di indossarla all’esterno, caduto a fine giugno?
«La cancellazione di quell’obbligo obbedisce a un principio scientifico che resta valido: all’esterno ci si contagia meno. Ma c’è un aspetto psicologico da tener presente: non indossare la mascherina all’aperto ha provocato un comportamento meno rigoroso anche al chiuso. Così la circolazione del virus aumenta. L’immediata conseguenza è l’abbassamento della copertura collettiva, nonostante un alto numero di vaccinati».
E ora?
«Serve un numero di vaccinati ancora maggiore».
Perché non introdurre l’obbligo vaccinale?
«Da un punto di vista epidemiologico, l’obbligo vaccinale, che in fondo è già in vigore per altre 10 categorie di infezioni, garantirebbe il risultato. Ma in teoria. Invece bisogna essere pragmatici. Il vaccino contro il Covid, purtroppo, è diventato argomento di contrapposizioni ideologiche che nulla hanno a che fare con l’evidenza scientifica. Con una legge che introduce l’obbligo, si rischia una divisione tra favorevoli e contrari che paralizzerebbe tutto».
Quindi meglio procedere estendendo l’obbligo del green pass.
«Se vogliamo continuare nella indispensabile azione di contenimento della circolazione del virus, sì. L’unica alternativa all’obbligo di green pass è ricorrere di nuovo a chiusure e limitazioni. E, sinceramente, se esibire il certificato verde per entrare in ufficio può essere vissuto come una costrizione, osservare il coprifuoco lo è almeno altrettanto».
Lei ritiene quindi che sarebbe utile estendere l’obbligo a tutti i lavoratori?
«È un passo ulteriore rispetto all’estensione alle categorie di lavoratori in contesti in cui devono avere il green pass i fruitori, come i dipendenti di ristoranti e bar. Ma un passo secondo me necessario. E anche equanime. Se il ragionamento non è più la sola esposizione al rischio, che varrebbe per categorie come i cassieri del supermercato, ma anche la capacità di farsi vettori, ha senso un’estensione a tutti i lavoratori».
L’opposizione al green pass passa anche dalla diffidenza sull’utilità o sulla sicurezza dei vaccini. Per esempio, c’è una resistenza a vaccinare i 12-15enni. È giustificata?
«No. Non lo è. Il vaccino per i più giovani è approvato dalle agenzie regolatorie e quindi è utilizzabile con fiducia. Ci sono Paesi che non lo incentivano, come la Germania, per una diversa strategia che considera anche differenti abitudini sociali: lì i nonni, per esempio, convivono meno con i ragazzi. Non certo perché non sia sicuro vaccinare i 12-15enni».
9 settembre 2021 (modifica il 9 settembre 2021 | 22:41)
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Adriana Logroscino , 2021-09-09 21:09:12
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