Nella già storica serata dell’8 maggio 2025, la città di Roma è tornata ad essere il centro del mondo, che stava a guardare con il fiato sospeso la fumata bianca fuoriuscire dalla Cappella Sistina attendendo la presentazione del nuovo papa.
Ma questo evento di portata epocale è stato a sua insaputa lo sfondo di un altro evento, decisamente più piccolo e modesto, la cui sfera d’interesse riguarda senza dubbio molte meno persone, ossia l’assegnazione al regista Frèdèric Farrucci del premio FAI persona lavoro ambiente per le tematiche trattate nella sua ultima fatica cinematografica, ossia “Il Mohicano”, un vero e proprio thriller dalle tinte western profondamente radicato nella cultura, nello spirito e nell’moda della Corsica, terra d’origine del regista e del protagonista Alexis Manenti, una terra con uno spirito proprio, ben distaccato da quello della Francia continentale più radicato nell’immaginario collettivo, una terra la cui riscoperta è il reale fulcro di questa pellicola.
“Le idee sono a prova di proiettile”
Joseph Cardelli (Manenti) è l’ultimo pastore di capre autoctono che porta avanti la sua attività sul proprio terreno lungo il litorale meridionale corso, un uomo imperturbabile, chiuso e grezzo, il cui animo è profondamente legato al suo lavoro e alla sua terra.
La sua quotidianità viene però compromessa quando, dopo aver rifiutato di cedere il proprio terreno alla mafia locale, desiderosa di portare avanti speculazione e cementificazione, uccide erroneamente il malavitoso che aveva cercato di intimidirlo o eliminarlo.
Braccato, senza terra, lavoro e amici su cui poter contare davvero, Cardelli è costretto a lottare per la sua vita, senza sapere che parallelamente, grazie soprattutto all’attività sui social della nipote Vannina (Mara Taquin), la sua storia è divenuta nota in tutta la Corsica e che i suoi sostenitori aumentano di giorno in giorno.
In breve tempo il pastore che combatte per difendere la sua vita, la sua tranquillità e la sua unicità, noto ormai come il mohicano, diviene qualcosa di diverso da un semplice uomo.
Diviene un simbolo. E un simbolo è estremamente più potente di un uomo, e proprio per questo pericoloso.
Un simbolo può divenire un trend virale sui social, ispirare canzoni popolari, scatenare dibattiti alla radio, ma può anche essere l’involontario fomentatore di rivolte sociali, sommosse popolari e violenze politiche, e in breve tempo divenire talmente grande da staccarsi totalmente da colui che lo ha ispirato fino a divenire un’entità separata: nella stessa maniera il simbolo del mohicano, sulle bocche di tutti e al centro dei dibattiti mediatici, si distacca totalmente da Jospeh Cardelli, la cui vita e la cui fuga restano solitarie.
Ciò non deve farci pensare alla narrativa del giustiziere solitario che con le sue sole forze combatte un sistema marcio che favorisce la corruzione, una narrativa alla quale siamo stati fin eccessivo abituati tra film, fumetti e videogiochi soprattutto americani: “il Mohicano” è la storia di un uomo a malapena consapevole della sua condizione e della sua unicità, totalmente privo di una coscienza sociale e interessato puramente al mantenimento della propria quotidianità, che si ritrova suo malgrado a diventare il rappresentante di una lotta della quale a malapena conosceva l’esistenza, e di un sottobosco culturale spesso ignorato ed etichettato come provinciale da un’Europa continentale inconsapevole di come questo sia in realtà il ponte fra due culture diverse.
Prima di sparare pensa
Nell’assistere al film si potrebbe pensare che pur raccontando una terra differente dalla nostra, le tematiche che tratta siano in realtà universali, facendone un film in grado di parlare a chiunque indipendentemente da dove provenga.
D’altronde le organizzazioni criminali, la speculazione, la cementificazione e la progressiva distruzione del paesaggio naturale sono tutte cose che anche qui in Italia conosciamo piuttosto bene, eppure Farrucci tiene particolarmente a specificare come non sia così, e come la sua identità di corso faccia parte della storia in modo fondamentale.
Da questo punto di vista la battaglia di Jospeh Cardelli, il quale rifiuta di uniformarsi a quanto accade intorno a lui, appare quasi come reazionaria, soprattutto alla luce di come l’interpretazione di Alexis Manenti, che a livello di carisma e presenza scenica ricorda quasi un Tom Hardy francese, sia stata fortemente ispirata dalla reale figura di Joseph Terrazzoni, pastore del litorale meridionale corso che come il Mohicano del film conserva fieramente la propria unicità.
In questo senso è anche da sottolineare la presenza nel film di un gran numero di attori non professionisti, una scelta che a noi italiani ricorda inevitabilmente il Neorealismo, ma che Farrucci applica per raccontarci in maniera spontanea e non forzata una comunità che rimane fortemente ancorata alla propria identità: da questo punto di vista il regista tiene a sottolineare il caso del veterinario Marc Memmi, da lui conosciuto durante le riprese di un documentario nel 2017 e che ha tenuto a partecipare al film nel ruolo di sé stesso.
Dunque sì, “Il Mohicano” forse non può essere pienamente compreso o apprezzato da chi quella realtà non la vive sulla propria pelle tutti i giorni, ma un messaggio che sia universale e rivolto a tutti può mandarlo davvero: in un’epoca in cui si usano sempre più spesso parole come globalizzazione, inclusività e abbattimento dei confini per parlare in realtà di uniformità e annullamento delle differenze, forse combattere per mantenere intatta la propria identità e non conformarsi è la scelta più difficile, ma può fare almeno momentaneamente respirare in un mondo tutto uguale.
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di Ivan Guidi
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2025-05-13 08:19:00 ,