Il passaggio alla via migliorista nel Movimento massimalista- Corriere.it

0


di Antonio Polito

Parlando dell’accordo raggiunto sulla riforma Cartabia, Crippa lo definisce «il miglior risultato possibile»: in questa espressione c’è l’essenza della democrazia rappresentativa

È nata nel M5S una corrente «migliorista»? Emanuele Macaluso, che ne fu il capo nel Pci, si starà rivoltando nella tomba per questo accostamento un po’ azzardato. E giustamente. Incomparabili sono storia e cultura politica dei due partiti e delle due ere. Però c’era una frase nell’intervista al Corriere della Sera di Davide Crippa, capogruppo pentastellato alla Camera, che ci ha riportato alla memoria proprio quel neologismo inventato quarant’anni fa. Parlando infatti dell’accordo raggiunto sulla riforma Cartabia, Crippa lo definisce «il miglior risultato possibile». E in questa espressione c’è l’essenza della democrazia rappresentativa, fatta di compromessi ed emendamenti, nella quale il massimo è nemico del meglio (e di conseguenza la negazione della democrazia diretta: infatti la riforma non è stata sottoposta al voto dei militanti). E c’è anche la differenza radicale che esiste tra i partiti e i movimenti. I primi accettano di essere «parte», e dunque si propongono di realizzare le proprie idee ma un po’ alla volta, accettando i rapporti di forza, e trovano nell’arena parlamentare il loro habitat naturale. I secondi, invece, nascono nelle piazze, e non accettano né alleanze né accordi, perché il loro obiettivo è troppo assoluto per essere oggetto di qualsiasi mercanteggiamento politico. I movimenti pretendono di realizzare la «volontà generale» (non è un caso che la piattaforma di Casaleggio si chiamasse Rousseau).

I partiti democratici, invece, sanno che esiste solo la «volontà della maggioranza», e che questa si forma in Parlamento nell’incontro e nello scontro tra le «volontà particolari». Non sappiamo quanto Crippa sia consapevole delle conseguenze della sua frase. A giudicare dai numerosi veli di ipocrisia che vi ha steso sopra — per esempio che la riforma Cartabia ricalchi in definitiva la riforma Bonafede, solo un po’ corretta — non si può davvero scommettere che questi principi abbiano conquistato i Cinque Stelle, trasformandoli in un partito «normale». Però il piccolo passo di Crippa potrebbe essere un grande passo per la politica italiana. È del resto successo a molte altre forze politiche, nate per fare la rivoluzione e poi adattatesi a varare al massimo qualche buona legge, se e quando ci riescono. Ma mille volte meglio questa imperfezione piuttosto del rischio autoritario che inevitabilmente nasce dai sogni di perfezionamento del genere umano. La stessa ambizione della leadership di Conte ha senso solo in questo quadro: se diventa cioè una correzione «migliorista» per un movimento cresciuto a pane e massimalismo. La vera, grande incognita è però il consenso elettorale di cui può disporre questa linea. Non è facile offrire risultati parziali e stentati a un elettorato cui hai promesso tutto e subito, mari e monti, la luna e le cinque stelle. Si tratterebbe di rivoluzionare la pedagogia del movimento, il suo discorso pubblico. E non solo di mettere fine alle «espressioni verbali aggressive», come è scritto nello Statuto presentato da Conte. C’è il rischio insomma che, quando si faranno i conti di quanti voti nostalgici dei «vaffa» se ne sono andati, rimanga poco. Ma quel poco sarà comunque un più per il sistema democratico italiano.

3 agosto 2021 (modifica il 3 agosto 2021 | 22:37)



Source link

Leave A Reply