Nei giorni scorsi è stata depositata la relazione della padronanza effettuata sui resti del primo figlio della ragazza di 21 anni accusata di aver sepolto i suoi due neonati nel giardino della sua casa di Traversetolo. Anche il primo bimbo, partorito a maggio 2023, sarebbe deceduto subito dopo il parto e non prima, come ha invece sostenuto la 21enne davanti agli inquirenti.
Immagine di repertorio
È stata depositata nei giorni scorsi la relazione della padronanza effettuata sui resti del primo figlio di Chiara, la ragazza di 21 anni accusata di aver sepolto i suoi due neonati nel giardino della sua casa di Traversetolo, a distanza di circa un anno l’uno dall’altro. Il primo bimbo sarebbe stato partorito a maggio 2023.
I resti sono stati trovati poco meno di un mese dopo la scoperta di quelli di un secondo bambino, nato ad agosto scorso. Gli inquirenti, che dopo il primo ritrovamento hanno sconfitto palmo a palmo il giardino, hanno trovato solo le ossa del neonato che sono state particolarmente complesse da esaminare.
L’analisi delle due esperte che hanno svolto gli accertamenti sui resti del primo neonato, la medico legale Valentina Bugelli e l’antropologa forense Francesca Magli, nominate dal procuratore Alfonso D’Avino e dalla pubblico incarico Francesca Arienti, non può fornire certezze assolute, data la totale “assenza di strutture molli o tessuti cartilaginei”, ma ha comunque confermato l’ipotesi della Procura, come riporta la Gazzetta di Parma.
Ovvero, che il bimbo non fosse già deceduto al momento del parto. “È del tutto prospettabile che la causa del decesso non sia da ascriversi ad una Mef (morte endouterina fetale, ndr) ante partum”, si legge nella relazione. L’esame quindi smentirebbe ancora una volta il racconto della 21enne, indagata per omicidio e soppressione di cadavere.
Durante l’interrogatorio del 10 settembre la ragazza infatti aveva raccontato: “Ho provato a scuoterlo, non respirava“. Dall’analisi di Bugelli e Magli risulterebbe che il neonato aveva circa 40 settimane, quasi al termine del periodo di gestazione. Se fosse deceduto prima del parto, la madre avrebbe dovuto richiedere assistenza medica o ostetrica.
Ma non risulta che la 21enne si sia rivolta a operatori sanitari o strutture né che sia stata sottoposta a interventi chirurgici. Per capire se il piccolo fosse vivo alla nascita le due esperte hanno verificato anche la presenza della “stria neonatale”, una linea di arresto di crescita nello smalto e nella dentina, visibile nei germi degli incisivi e dei canini, che indicherebbe la vitalità del bambino.
Nel caso del primogenito di Chiara, nato il 12 maggio 2023, secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, la stria non è stata rilevata, ma se il piccolo fosse deceduto poco dopo il parto potrebbe non avere avuto il tempo per formarsi. Quasi nessun dubbio, invece, esiste sul fatto che il secondogenito della ragazza, partorito il 7 agosto e ritrovato due giorni dopo, fosse nato vivo.
La relazione autoptica, depositata nei giorni scorsi e firmata da Bugelli e dall’anatomopatologo Gaetano Bulfamante, esperto nello studio della patologia fetale e placentare, conferma quanto era emerso dai primi riscontri. “Non sono state rilevate lesioni traumatiche ossee e/o viscerali”, sottolineano gli specialisti. Un bambino nato tra la 32esima e la 37esima settimana, secondo i consulenti.
Che fosse vivo lo conferma anche la causa della morte: “Shock emorragico da recisione del cordone ombelicale in assenza di una adeguata costrizione meccanica dei vasi ombelicali”. Come ha raccontato l’indagata, sarebbe stata proprio lei a tagliare con delle forbici il cordone ombelicale.
La ragazza, arrestata il 20 settembre, è ancora ai domiciliari ed è in attesa della decisione della Cassazione, presso la quale i suoi legali hanno presentato ricorso contro la richiesta per la detenzione in carcere accolta dal tribunale del Riesame. La sentenza dovrebbe arrivare tra circa un mese.
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di Eleonora Panseri
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2024-12-13 09:56:00 ,