Il Tamigi non sta bene, lo si capisce anche dalle sue cozze

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Reading è una cittadina non lontana da Londra, sulla strada che porta a Bristol, nella valle del Tamigi. Recentemente è stata oggetto di uno studio che ha analizzato proprio quante cozze ci fossero nel più famoso dei fiumi inglesi. Sì, infatti, come raccontano due ricercatori dell’Università di Cambridge, Isobel Ollard e David C. Aldridge, studiare le cozze presenti nel fiume è un modo per scattare un’istantanea dello stato di salute del Tamigi. E l’istantanea che ne emerge racconta di un ecosistema con segni di “degrado sostanziale”, si legge sulle pagine del Journal of Animal Ecology.

In realtà in generale i bivalvi di acqua dolce non se la passano globalmente bene. Fattori come inquinamento, specie invasive, modifiche degli habitat e cambiamenti climatici – neanche a dirlo – hanno messo in crisi questi molluschi, col risultato, ricordano gli autori, che oggi circa il 45% delle specie è estinto o in pericolo. E considerando che i bivalvi filtrano l’acqua, si nutrono di alghe e forniscono habitat per lo sviluppo di altre specie, inevitabilmente gli ecosistemi che li ospitano, o ospitavano, si modificano.

Per capire come stessero i bivalvi del Tamigi, Ollard e Aldridge hanno campionato una zona del fiume in prossimità di Reading, analizzando l’abbondanza di specie e le loro dimensioni, e confrontando i risultati con quelli raccolti da un’indagine che aveva riguardato lo stesso sito nel 1964. Oltre mezzo secolo dopo tutte le specie analizzate sono diminuite, a livelli bassissimi in alcuni casi – appena l’1% – e una non è  stata rilevata (la cosiddetta cozza di fiume depressa, la Pseudanodonta complanata). Tutte inoltre si sono ristrette: crescono dal 65% al 90% rispetto alle grandezze che avevano al tempo. Nel mentre ne sono comparse di nuove, invasive, forse portate dalle imbarcazioni che solcano il fiume, come la vongola asiatica o la cozza zebra (Corbicula fluminea e Dreissena polymorpha). “Questa riduzione nelle popolazioni native delle cozze è davvero inquietante, e non siamo sicuri quali siano i motivi”, ha spiegato Aldridge in una nota dell’università. Si parla infatti di una biomassa appena del 7,5% rispetto a quella stimata nel 1964.

Qualche ipotesi c’è, e punta il dito innanzitutto contro le specie invasive, poiché i cambi nella cittadinanza di pesci interagiscono con le larve. Un’altra ipotesi – meno probabile però, spiegano gli autori – indica nella variazione dei livelli di nutrienti un’altra causa, poiché influenzando la crescita delle alghe avrebbero di conseguenza influenzato anche quella dei mitili. I nutrienti sono di origine antropica e oggi sono più contenuti grazie alle regolamentazioni: in questo senso dunque la diminuzione nella crescita dei mitili potrebbe essere interpretata come un ritorno a uno stato più naturale, scrivono gli autori.

Rimane però il fatto che, per quanto significativo, quello analizzato è solo un sito, concludono, e i bivalvi possono anche variare molto da zona a zona. Ampliare analisi così aiuterà a capire meglio cosa sta accadendo.



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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-11-28 06:59:54 ,

www.repubblica.it

[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-11-28 06:59:54 ,
Il post dal titolo: Il Tamigi non sta bene, lo si capisce anche dalle sue cozze scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-11-28 06:59:54 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue

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