Un’ampia ricerca pubblicata su Nature, anche se agli albori, ha identificato 290 variazioni genetiche e 80 geni che modulano la fine della vita riproduttiva femminile. Manipolando alcuni di questi geni, diventerebbe possibile ritardarne l’inizio

In genere accade intorno ai 50 anni, anche se alcune donne entrano in menopausa prima dei 45 e, in casi più rari, prima dei 40. Oggi, un ampio studio internazionale dedicato, appunto, alla scomparsa definitiva delle mestruazioni e dunque dell’attività riproduttiva, condotto dall’università di Cambridge insieme ad alcuni enti di ricerca italiani (il San Raffaele di Milano, il Cnr di Cagliari, il Burlo Garofolo di Trieste), ha messo a fuoco i geni e le mutazioni coinvolti nelle tempistiche. Pubblicata su Nature, la ricerca preliminare fornisce un primo strumento per predire l’età di questo evento fisiologico. Il risultato, in futuro, potrebbe aprire prospettive di studio per posticiparlo quando precoce.
290 varianti
I ricercatori hanno preso in considerazione le informazioni, provenienti da due banche dati, di oltre 210 mila donne di origine europea e 80 mila di origine asiatica, entrate in menopausa tra i 40 e i 60 anni. In totale hanno testato 13,1 milioni di varianti genetiche potenzialmente associate alla menopausa, scandagliando le possibili mutazioni collegate. Dall’indagine è emerso che ci sono 290 varianti (ovvero forme diverse di uno o più geni – in questo caso le 290 forme corrispondono a 80 geni) associate. Sono specificamente legate all’età di entrata in menopausa. E sono cinque volte più numerose di quelle note finora, scrivono gli autori nel paper, pari a 56.
Due geni alla base dell’età della menopausa
Diversi geni associati alla menopausa prendono parte anche ai processi di riparazione del dna e di morte cellulare, dunque possono avere un ruolo nella perdita degli ovociti. Fra questi gli autori hanno puntato i riflettori su Chek1 e Chek2, studiandoli nei topi. Dai test hanno osservato che una manipolazione dei due elementi nel modello animale ha un impatto sulla fertilità. In particolare, un potenziamento di Chek1, con l’inserimento di una copia extra del gene, aumenta la riserva ovarica nelle femmine più adulte. Per il gene Chek2 vale il contrario: disattivandolo si protrae il tempo fertile. Non è un caso che dai dati genomici donne con una particolare variante in due geni, di cui uno è proprio Chek2, entrino in menopausa in media 3,5 anni dopo. Le manipolazioni svolte in laboratorio potrebbero prolungene la durata della vita riproduttiva dei topi circa del 25%. Ma per ora bisogna usare il condizionale, visto che il risultato è iniziale e su animali.
A che cosa serve lo studio
“Dato che abbiamo individuato molte più cause genetiche alla base della variabilità dell’età di entrata in menopausa”, sottolinea Katherine Ruth, coautrice, ricercatrice all’università di Exeter, “abbiamo mostrato che possiamo cominciare a prevedere quali donne potrebbero avere una menopausa precoce e dunque avere problemi a rimanere incinte in maniera naturale. Visto che nasciamo con queste variazioni genetiche potremmo offrire l’informazione”. La strada della sperimentazione, lo sappiamo, è lunga, tuttavia questo risultato pone un primo mattone importante, secondo gli autori. “Combinando analisi genetiche sull’essere umano con gli studi nei topi”, aggiunge John Perry, coautore dell’università di Cambridge, “e analizzando quando questi geni presentano mutazioni nelle uova umane, adesso sappiamo molto di più sul nostro invecchiamento riproduttivo” .
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www.wired.it
Viola Rita
2021-08-06 12:45:42