Tempo fa noi di 2DueRighe abbiamo avuto modo di parlarvi di “Freaks Out”, dei suoi memorabili personaggi, del suo fortissimo messaggio, di come sia il primo blockbuster italiano, e di come il suo autore Gabriele Mainetti abbia nuovamente fatto centro dopo il trionfo di “Lo Chiamavano Jeeg Robot” nel 2016.
Oggi invece, abbiamo avuto il privilegio di intervistare una persona direttamente coinvolta nella realizzazione di “Freaks Out”, e che potrà offrirci un punto di vista del tutto inedito sul dietro le quinte di un film destinato a far parlare di sé per molto molto tempo: stiamo parlando di Marco Valerio Gallo, disegnatore, illustratore, docente presso la Scuola Romana dei Fumetti, Accademia di Belle Arti di Roma e storyboard artist di “Freaks Out”.
Vi avvisiamo che nell’intervista saranno presenti diversi spoiler sul film, ma se dopo tutto questo tempo non siete ancora andati a vederlo è colpa vostra.
Lei ha lavorato come storyboard artist sia per “Lo Chiamavano Jeeg Robot” che per “Freaks Out”. Si sentirebbe di fare un confronto tra le sue esperienze lavorando a questi due film di Gabriele Mainetti?
Sono due film che per quanto mi riguarda, e non lo dico solo io, faranno la storia del cinema italiano, ma in modo diverso: “Jeeg” è stato un po’ un battesimo del fuoco per tutti noi, e in entrambe le occasioni leggendo la sceneggiatura ho pensato che fosse qualcosa di grandioso, ma su “Freaks” è stato tutto moltiplicato per dieci, nel senso che dopo il successo di “Jeeg”, vuoi per il tipo di film, un film in costume, i mezzi impiegati, la messa in scena, le scenografie o la storia, c’era l’obiettivo e la consapevolezza di star facendo qualcosa di enorme. In questo devo dire che Gabriele (Mainetti) ha alzato l’asticella in maniera incredibile per il cinema italiano sia con “Jeeg” che con “Freaks Out”: penso che tra venti o trent’anni si parlerà di questi lavori come due film che hanno cambiato e rilanciato il cinema italiano, lo sento lavorandoci. Ti posso dire che dal punto di vista tecnico lavorare con Gabriele è stato molto simile sia nella prima che nella seconda occasione, perché per quanto mi riguarda lui ti racconta talmente bene le cose, è un personaggio dal talento e dalla visione talmente dettagliata, che dal mio punto di vista devo sempre limitarmi a previsualizzare quella che è la sua idea di regia, di inquadratura e di sequenza. Sia nel caso di “Jeeg” che di “Freaks Out” Gabriele aveva chiaramente in testa il tipo di regia e inquadrature che voleva, quindi io mi sono limitato a disegnarle e previsualizzarle nella maniera corretta, e questo si evince anche facendo un confronto tra gli storyboard e delle scene di entrambi i film: la scena del Circo Mezzapiotta che crolla è molto simile allo storyboard, perché Gabriele ce l’aveva chiaramente in testa, e questo è successo in entrambe le situazioni, quindi posso dire che dal punto di vista della lavorazione sono state molto simili, la differenza è stata nella consapevolezza con la quale abbiamo lavorato su “Freaks” perché dopo il successo enorme di “Jeeg” tutti noi sapevamo che stavamo facendo qualcosa che avrebbe lasciato il segno e spero che sia così. La sensazione di unicità che ho provato lavorando a Jeeg l’ho riprovata su Freaks moltiplicata per dieci. Chiaramente c’era anche più responsabilità, perché dopo il successo di “Jeeg” aspettavano Gabriele al varco. In breve potrei dire che la sorpresa, l’entusiasmo e l’incredulità che ho provato lavorando a “Jeeg” sono stati confermati e amplificati in maniera incredibile lavorando a “Freaks”, ma sono due opere straordinarie, diverse nella struttura ma simili nel tentativo di raggiungere qualcosa di unico.
Il film ha subito diversi rinvii, il più clamoroso dei quali avvenuto l’anno scorso, nel 2020. In quanto membro dello staff del film, come ha reagito nel vedere rinviato di un anno di un film così atteso e ormai praticamente pronto?
In realtà non mi sono crucciato più di tanto, sapevo che il film non era finito e anzi ti posso dire che, come ha detto lo stesso Gabriele in più di un’occasione, probabilmente il fatto che si sia fermato tutto ha dato il tempo a tutti i reparti, soprattutto il VFX di fare il lavoro con più calma, rivedere certe cose e andarle a perfezionare, quindi il film ha avuto una lavorazione e una post produzione molto lunga, ma ti posso dire che comunque ne aveva bisogno. Se era pronto nel 2020 non lo so, perché io per esempio posso dire che i disegni nei titoli di coda sono stati tra le ultime cose che ho fatto e li ho fatti nel 2021, quindi visto che c’era tempo lo abbiamo sfruttato tutto.
Come si è approcciato al fatto che “Freaks Out” fosse il film italiano con più effetti digitali di sempre? Ciò le ha garantito una maggiore libertà creativa?
In realtà no perché quando lavoro con Gabriele la mia libertà creativa è legata alla sua, a quello che lui vuole fare. In genere questo dipende soprattutto dall’obiettivo che ci si pone di raggiungere insieme a quelli di VFX, e in questo caso c’era un supervisor molto bravo, Stefano Leoni, che ha fatto un ottimo lavoro su “Freaks”, quindi quello che possiamo o non possiamo fare dipende da quello che si può fare con il VFX. Nel caso di “Freaks Out” l’obiettivo era fare qualcosa di bello. Chiaramente gli storyboard erano funzionali alle scene che necessitavano dell’intervento di VFX ed effetti speciali, come nella scena del circo, ma in generale in tutto il film sono presenti VFX e SFX, dunque dal punto di vista della creatività vado in parallelo con le idee di cui si discute con la regia. Poi c’è sempre un confronto, e in questo posso dire che nonostante Gabriele abbia una visione ben precisa è uno di quei registi che ascolta tantissimo e chiede tantissimi pareri e consigli, per cui c’è la libertà per un confronto creativo e questo è sempre bellissimo, una cosa importantissima e fondamentale per raggiungere un obiettivo come ciò che è stato “Freaks Out”. Che fosse il film italiano con più effetti digitali di sempre in realtà non lo sapevamo, quindi ti posso dire che questa cosa non ha particolarmente influito sul mio lavoro, che semmai da questo punto di vista può aumentare visto che c’è bisogno di storyboardare più scene.
Lei lavora anche come docente presso la Scuola Romana del Fumetto: quanto ritiene che l’iconografia supereroistica abbia influito sui personaggi di “Freaks Out”?
Sicuramente l’iconografia supereroistica ha influito tantissimo. Gli X-Men sono un giusto riferimento, ma poi “Freaks” è un film di genere nel quale si mischiano vari generi come il western, lo storico, il supereroistico, il fantasy e la commedia con una narrativa tipicamente italiana, o più in generale europea. Un tipo di narrazione che si allontana dai tipici film supereroistici americani, e qui sta la sua forza: nel raccontare il dramma di questi personaggi dotati di superpoteri su questo sfondo storico che non va dimenticato, nel raccontare il dramma di una guerra, di un popolo e di questi personaggi costretti a crescere grazie o nonostante i loro poteri. Quindi sì, penso che abbia influito, anche perché Gabriele è un amante dei fumetti e di tutta una serie di cose che poi si è portato dentro il film, ma non così tanto da farla da padrone. Ho citato gli X-Men perché si tratta del paragone più giusto per questi personaggi che vivono con sofferenza le loro abilità, perché sono dei freaks, dei mostri, specialmente per un periodo storico come quello, vivono i loro poteri con un disagio enorme, soprattutto Matilde (Aurora Giovinazzo) che non può toccare nessuno e in questo forse c’è un riferimento a Rogue degli X-Men. C’è quindi questo tipo di riferimento raccontato attraverso questo disagio che si trasforma poi in qualcosa di grandioso e di potente, diventa la loro forza, definisce la crescita e la consapevolezza di questi personaggi, come appunto Matilde che riesce alla fine a controllare i suoi poteri e sconfiggere questo disagio.
L’antagonista Franz (Franz Rogowski) ha il potere di vedere il futuro, e ha l’abitudine di riprodurre in degli schizzi il contenuto delle sue visioni: in un certo senso è egli stesso uno storyboard artist. Questa sorta di somiglianza l’ha portata a rapportarsi in maniera particolare con il personaggio? E ha lei stesso influito in qualche modo sui disegni di Franz?
Sì, avendo fatto tutti i disegni che Franz fa dopo che aver visto il futuro, e posso raccontare una cosa importante su questi disegni: quando Gabriele mi ha detto che sarei stato io fare i disegni di Franz sono subito entrato in modalità “ansia e responsabilità”, perché comunque non vedevo l’ora di farli, ma la responsabilità di creare qualcosa che fosse efficace a livello visivo e funzionasse all’interno della narrativa del film mi metteva molta ansia e al tempo stesso molta felicità. I primi disegni che ho fatto non andavano bene a Gabriele, perché diceva “sono fatti troppo bene”, perché si vedeva che erano fatti da una mano allenata, la mano impostata di un disegnatore professionista, e questo non doveva essere Franz: quello che Franz fa è cercare di portare su carta delle tracce delle sue visioni. Alcune volte queste tracce sono definite e altre volte meno, quindi le visioni di Franz devono avere un carattere più espressionista, più d’impatto, una personalità potente ma al tempo stesso non impostata. All’inizio è stata un po’ difficoltosa, finché non ho avuto l’idea giusta: come faccio a cambiare personalità, a disegnare in maniera diversa? Ho pensato di cambiare quindi il mio modo di disegnare, facendolo con la mano sinistra. Cambiando mano ho cambiato l’emisfero con il quale il cervello lavora, quindi sia i tratti che le immagini visualizzate dal cervello sono diverse, e sono usciti questi disegni dal carattere spigoloso, espressionista, quasi abbozzato. Fondamentalmente ho recitato. Franz non impiega venti minuti per fare un disegno, li fa di getto dopo essersi fatto di etere, quindi sono andato a simulare anche con i tempi quello che fa Franz, come se dovessi recitare. Il risultato era qualcosa più espressionista e d’impatto, a Gabriele sono piaciuti molto e abbiamo proseguito su quella strada. Molti disegni sono stati eliminati per esigenze di minutaggio, ce ne sono alcuni che non usciranno mai, però ne sono stati fatti molti. La mia lavorazione di Freaks Out si divide in tre fasi: gli storyboard, i disegni di Franz e i disegni nei titoli di coda. Questi ultimi sono una continuazione di ciò che ha visto Franz, ma ora sono più definiti e precisi, perché lì c’era la necessità di raccontare determinati personaggi del futuro, motivo per cui sui titoli mi è stata data la libertà di fare qualcosa di più rifinito esteticamente. Questi disegni li ho fatti con tutte e due le mani, in particolare quelli dei personaggi famosi perché dovevano risultare subito riconoscibili. Di fatto si tratta di un crescendo fino al disegno finale dei quattro supereroi, un disegno tipicamente da cover supereroistica, che poi è fondamentalmente un controcampo dell’inquadratura finale in cui loro se ne vanno via di spalle. I disegni di Franz sono stati realizzati prima delle riprese, mentre i disegni nei titoli di coda sono stati fatti all’inizio di quest’anno.
In conclusione, avendo lei realizzato gli storyboard del film, c’è una scena specifica che l’ha in qualche modo colpita o alla quale è particolarmente affezionato?
Beh sono tante le scene a cui sono affezionato: ad esempio quella del sogno di Franz, alla quale non ho lavorato ma della quale si è parlato molto durante la lavorazione, oppure una delle quali ho realizzato gli storyboard, quella in cui Cencio entra nel vagone del treno ricoperto dalle api con in sottofondo il valzer, e infine quella del crollo del circo, si tratta del primo storyboard che ho fatto per questo film, è stato bellissimo e in generale si tratta di una scena molto complessa. Poi c’era uno storyboard lunghissimo che avevo disegnato per una scena con un assalto a un treno che, come Gabriele stesso ha raccontato, è stato tagliato perché solo per quella scena servivano diciotto giorni di lavorazione: c’è una parte di film che purtroppo non vedrete mai dove c’è un assalto a un treno in pieno stile western in cui i nostri quattro amici raggiungono la locomotiva e fermano il treno. Sono rimasti diversi elementi di quella scena, tra cui la scena del valzer di Cencio che trovo bellissima. In conclusione non c’è una scena preferita, ma queste due scene e quella del circo sono sicuramente quelle che mi hanno colpito di più.
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di Ivan Guidi
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2021-11-29 16:28:52 ,