«Io? Sono come Pirlo»- Corriere.it

0


di Marco Imarisio

Il ministro dello Sviluppo e numero due della Lega in campo per il candidato sindaco del centrodestra: «Se non fai gol non vinci, al massimo pareggi»

DAL NOSTRO INVIATO A TORINO
A domanda specifica, Giancarlo Giorgetti si rifugia in corner. «In una squadra c’è chi fa il portiere, chi fa il regista, e gli attaccanti. Io al massimo posso fare il Pirlo della situazione, ma se non fai gol non vinci, al massimo pareggi». Dipende dal campionato. In quello delle amministrative torinesi, sulle quali sta convergendo tutto il gotha de centrodestra, a riprova del fatto che per la prima volta dal tanto tempo il capoluogo piemontese viene giudicato contendibile, all’attuale ministro dello Sviluppo economico viene riservato il ruolo di bomber. O se vogliamo, per uscire dalle sue adorate metafore calcistiche, di leader nonché attore protagonista.

Era l’ultima domenica elettorale prima delle elezioni amministrative, non un giorno qualsiasi. Paolo Damilano, il candidato del centrodestra, che ci tiene a definirsi civico e indipendente, lo ha trascorso dal mattino alla sera in compagnia di Giorgetti, portato prima in visita al centro Competence del Politecnico di Torino, dove per ironia a fare gli onori di abitazione è stato il rettore Guido Saracco, a lungo considerato la carta vincente del centrosinistra, prima che le risse tra comari del Pd gli facessero passare la voglia. Non c’erano simboli di partito, tantomeno leghisti al seguito. Dopo la visita all’azienda Lavazza, all’azienda Reply, il volto del leghismo moderato, governativo e vaccinale ha incassato i fischi dei lavoratori in cassa integrazione dell’ex Embraco, la cui vertenza ormai ha attraversato la durata di quattro governi, e dopo aver ricevuto una loro rappresentanza, si è infilato nella sala congressi di un hotel del centro dove il resto delle aziende locali aspettava di ascoltare le sue conclusioni al convegno «Il piano Nazionale di ripresa e resilienza, effetti per il Piemonte e per Torino».

Non è solo colpa dei giornalisti, maliziosi e insinuanti per definizione. Il programma del candidato sul quale convergono le promesse della coalizione che lo sorregge di evitare un cappotto giudicato possibile dai sondaggi parla chiaro. Ieri, giorno di festa, tripla dose di Giorgetti con al seguito gli industriali torinesi, che nel 2016 votarono in massa per Chiara Appendino. Venerdì prossimo, ultimo giorno utile prima del silenzio elettorale, comizio di chiusura affidato ancora a lui. Certo, Damilano è il «suo» candidato. Sono amici dal lontano 2016, complice una cena romana a abitazione di amici comuni. E da allora non si sono mai persi di vista. Tre anni fa, l’attuale ministro fece di tutto per imporlo come aspirante presidente della Regione al posto di Alberto Cirio. E la sua opinione ha avuto un ruolo importante nel convincere l’imprenditore del vino e delle acque minerali a lanciarsi nella competizione elettorale che dal 1993 a oggi ha riservato solo bocconi amari al centrodestra. Ma due visite in così poco tempo sono anche la prova di una scelta o di una richiesta precisa da parte del candidato. In questo momento, con il quaranta % dei torinesi ancora incerti sul da farsi, il nome che può indurli a cambiare verso per la seconda volta dopo il ribaltone del 2016 di Appendino ai danni del centrosinistra, non è quello che ti aspetti.

Damilano ha una sua tesi che emula Giorgetti nel girare intorno alla questione, ma senza fare ricorso a metafore calcistiche. «Non esiste una strategia vera e propria, tantomeno l’intenzione di entrare nelle dinamiche interne dei partiti. Semplicemente, uno dei miei obiettivi e creare relazioni forti con i ministri “romani” e ridare a questa città una centralità politica e una importanza perduta negli ultimi anni. Questi rapporti istituzionali e anche personali aiuteranno le aziende torinesi ad andare in giro per il mondo alla ricerca di ogni possibile opportunità, per valorizzare le nostre eccellenze e per fare conoscere il nostro territorio».

Chi ha avuto la benevolenza di arrivare in fondo a questo articolo, avrà notato l’assenza di nome piuttosto importante. Matteo Salvini non è mai stato citato in questa lunga domenica torinese. Né da Giorgetti, né da Damilano. A inizio settembre, il suo comizio in piazza Solferino aveva radunato trecento spettatori. Giovedì scorso, ad ascoltare Giorgia Meloni ce n’erano duemila. Il segretario della Lega, ieri vero e proprio convitato di pietra, tornerà in città mercoledì alle 18, per un incontro con i cittadini, in Barriera di Milano, quartiere periferico e problematico. Nel manifesto che annuncia l’evento non c’è il nome del candidato sindaco di Torino. Alle 21 è previsto il fischio di inizio di Juventus-Chelsea.

26 settembre 2021 (modifica il 26 settembre 2021 | 22:20)



Source link

Marco Imarisio , 2021-09-26 21:11:31
www.corriere.it

Leave A Reply