La bottiglietta Coca Cola e Big Oil insieme aggravano la crisi climatica

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Dentro ogni supermercato c’è una bomba ad orologeria che sta mettendo a rischio il Pianeta. Ogni bottiglia di bevande gassate, confezione di shampoo e vasetto yogurt è una minaccia concreta per il clima. Sono infatti alcune delle multinazionali di beni di consumo che acquistiamo tutti i giorni a favorire l’espansione della produzione di plastica, come rivela l’ultimo rapporto di Greenpeace Usa “Emergenza climatica e plastica monouso: come i contenitori usa e getta favoriscono l’espansione dell’industria dei combustibili fossili nel settore della plastica”.

Il dossier dell’organizzazione non governativa ambientalista svela i legami commerciali tra le aziende che basano i loro business sull’impiego di grandi quantità di plastica monouso e le compagnie dei combustibili fossili. La plastica è infatti ricavata in gran parte dal petrolio e dal gas fossile, considerati i principali responsabili del riscaldamento globale. E anziché disincentivarne l’uso, queste compagnie hanno collaborato con le aziende dei combustibili fossili per promuovere il riciclo come soluzione all’inquinamento da plastica.

Parliamo di Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé, Mondelez, Danone, Unilever, Colgate Palmolive, Procter&Gamble e Mars, che acquistano i loro imballaggi da produttori che si approvvigionano da aziende come ExxonMobil, Shell, Chevron Phillips, Ineos e Dow. Queste ultime, preoccupate dal rischio di un calo di redditività dovuto alla competitività delle fonti rinnovabili e alla transizione in corso nei settori dei trasporti e dell’energia, stanno facendo enormi investimenti nel settore petrolchimico e nella produzione di plastica. E il settore in cui si impiega la maggior quantità di plastica è quello del monouso, che rappresenta circa il 40% della domanda globale (escluse le fibre) a cui sono riconducibili il 50% dei rifiuti plastici prodotti in tutto il globo.
 

Le aziende di consumo e quelle dei combustibili fossili lavorano quindi insieme, sostiene il rapporto, per impedire l’introduzione di nuove leggi che limitino l’uso di imballaggi, sostenendo al contrario progetti di “riciclo chimico o avanzato”. Il riciclo della plastica però non ferma le emissioni e queste aziende, come sottolinea Greenpeace, dovrebbero abbandonare l’usa e getta in favore del riutilizzo e dello sfuso. Altrimenti la produzione di plastica potrebbe triplicare entro il 2050 e, secondo alcune stime, farebbe crescere le emissioni legate al ciclo di vita della plastica di oltre il 50% entro il 2030. Rendendo impossibile il dimezzamento delle emissioni richiesto anche dall’Ipcc entro lo stesso anni per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi.

Spesso inoltre le industrie del monouso e delle fonti fossili fanno parte di gruppi di facciata che ancora oggi sostengono queste soluzioni, tra cui l’Alliance to End Plastic Waste, la Recycling Partnership e l’American Chemistry Council.

“Per molto tempo – si legge nel comunicato – le multinazionali che impiegano plastica usa e getta per i loro prodotti ci hanno nascosto i legami con aziende dei combustibili fossili e petrolchimiche, mentre in realtà stanno lavorando per obiettivi comuni, continuando a inquinare il Pianeta e a danneggiare le comunità di tutto il mondo”. Per questo l’ong ha lanciato una petizione per chiedere alle aziende leader del mercato italiano di ridurre drasticamente il ricorso a bottiglie in plastica monouso, di cui l’Italia è uno dei Paesi leader nei consumi, per ridurre l’inquinamento marino e la dipendenza da petrolio e gas fossile.



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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2021-09-14 14:27:02 ,
www.repubblica.it

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