Per fare un confronto diretto, basta pensare che la vicina Corea del Sud – con un sistema sanitario efficiente e un alto tasso di vaccinazione – mostra comunque una mortalità dello 0,12%, 60 volte più alta. Insomma, i numeri nordcoreani durante la pandemia sono alquanto ambigui e contraddittori, rispecchiando un sistema di tracciamento e comunicazione che non ha nulla a che vedere con quello (seppure perfettibile e con mille difetti) a cui siamo abituati.
Al più potrebbe trattarsi di una tregua
Una delle cose che abbiamo certamente imparato dalla pandemia è che i confini nazionali non possono essere delle barriere per il virus: in alcuni casi ne possono limitare parzialmente la circolazione, ma non sono sufficienti per tutelare uno stato né possono fungere da scudo in senso assoluto.
Infatti, dopo i primi casi di Covid-19 in Cina alla fine del 2019 (o forse anche un po’ prima), il virus ha iniziato a circolare rapidamente tra tutti i continenti e nel giro di qualche mese quasi tutti gli stati si sono ritrovati nel mezzo di una crisi sanitaria. Già all’epoca ritenere che la Corea del Nord sia stata completamente risparmiata dalla diffusione risulta quasi risibile, ma oggi lo è ancora di più poiché stanno circolando moltissime varianti differenti. Con oltre un milione di casi al giorno accertati nel mondo, per qualunque sistema sanitario è davvero complicato tracciare con precisione la situazione, e pensare che un paese possa avere definitivamente sconfitto il virus è al limite della fantascienza. Forse effettivamente nel paese potrebbe esserci un momento di relativa tregua dell’infezione, ma nei prossimi mesi il virus potrebbe senz’altro ricominciare a circolare, soprattutto se si considera che alcune varianti sono endemiche in molte parti del mondo.
Un attacco pandemico a palloncini
Non è di certo la prima volta che il leader nordcoreano si lascia andare a dichiarazioni forti, con l’obiettivo di fare scalpore ed evocare un sentimento patriottico nel proprio popolo, con temi che spaziano dalle frequenti minacce di ricorso alle armi nucleari alle imposizioni sul look e sull’abbigliamento di uomini e donne del paese, senza tralasciare gli aspetti geopolitici. Alcuni mesi fa, lo stesso leader è sparito per 17 giorni e non ha mai fornito alcuna spiegazione sull’accaduto, lasciando tutto il mondo nell’incertezza. Si è pensato potesse essere un grave problema di salute, la fuga da una situazione catastrofica dovuta al Covid-19 o tanto altro: nessuno ha mai fatto trapelare informazioni certe, e tutt’ora non ci conosce la verità. Secondo quanto dichiarato negli ultimi giorni (“ha avuto la febbre”) potrebbe essere stato malato di Covid-19.
Alquanto bizzarra è anche la spiegazione ufficiale del regime a proposito della diffusione del virus all’interno dei confini nazionali della Corea del Nord. Infatti, facendo riferimento alle parole della sorella del dittatore Kim Yong-un, il contagio della gente sarebbe dovuto a palloncini gonfiabili utilizzati dagli attivisti durante una manifestazione. Questi sarebbero stati lanciati dalla Corea del Sud verso nord, contagiando le prime persone all’interno del paese, a cui sarebbe dovuta la successiva diffusione del virus. Superfluo dire che la teoria è considerata infondata da medici e epidemiologi perché, anche se un contagio di questo genere non è di per sé impossibile in senso assoluto, è molto più probabile che il contagio si sia diffuso esattamente con le stesse modalità con cui ha coinvolto tutto il resto del mondo.
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di Gianluca Dotti www.wired.it 2022-08-11 13:30:00 ,