La cultura ostaggio dei politici

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Mezzogiorno, 11 luglio 2021 – 09:17

di Mario Rusciano

C’ una circolarit proteiforme tra Politica e Cultura: due concetti di alto valore simbolico. Alludono ad aspetti interdipendenti della civilt e interrogano filosofia e antropologia. Qui per si vuole solo guardare alle prassi consequenziali: gestione politica della cultura e uso strumentale della cultura fatto dalla politica. Rompicapi insolubili ma preoccupanti nel Mezzogiorno: dove, pi a torto che a ragione, si pensa alla cultura (e al turismo) come il petrolio della crescita economico-sociale. Induce a riflettere la recente polemica tra il Presidente De Luca e il celebre scrittore Antonio Scurati. Costui, chiamato da De Luca a presiedere la Fondazione Ravello, si presto dimesso ritenendo intollerabile la censura delle sue scelte culturali. Questa la sostanza, sebbene gli Organi della Fondazione neghino la censura adducendo problemi formali. La vicenda paradigmatica, offre cio un caso concreto della questione generale dei troppi eventi culturali (musica, arte, letteratura ecc.) finanziati da istituzioni pubbliche. In ci c’ molta lampante differenza tra Nord e Sud. Qui quasi non esiste il munifico mecenatismo di privati imprese o banche.

A paragone col Nord, sono poche e povere le Fondazioni e di solito non sono ricche le istituzioni pubbliche. Comprensibile dunque il risentimento, specie verso le grandi banche del Nord: che insediatesi al Sud fagocitando le nostre banche, ne raccolgono cospicuo risparmio ma con avarizia a stento finanziano qualche progetto. Mentre con prodigalit sovvenzionano iniziative del Nord privilegiando (dicono: per statuto) i loro territori. Ricordiamo la triste fine del Banco di Napoli! Sarebbe interessante un confronto trasparente Nord/Sud, tabelle alla mano, tra massa di ricavi al Sud delle banche del Nord e percentuale di loro erogazioni liberali per la cultura al Sud. De Luca quindi ha ragione quando insiste che, se non ci fosse lui, non ci sarebbero iniziative culturali (talora pseudo-culturali) a Napoli e in Campania. La maggior parte dei Comuni infatti, Napoli in testa, non ha risorse o addirittura in conclamato dissesto. Non ha ragione per De Luca quando, oltre a decidere in totale discrezionalit le nomine nei posti-chiave di Centri culturali (Fondazioni; Societ in house), pretende pure d’intromettersi — direttamente o tramite persone di sua fiducia, non sempre competenti — nei programmi culturali di chi lui stesso ha scelto. Chiss se ha scelto le persone giuste: magari non all’altezza del compito o forse non allineate alla concezione della cultura setacciata dall’andazzo politico?


Peraltro, alla fin dei conti, egli non esborsa risorse personali bens risorse comunque pubbliche. Di qui il problema-rompicapo senza soluzione: legittimo che il responsabile politico di un’istituzione pubblica pretenda di mantenere il controllo sui contenuti culturali o artistici degli eventi solo perch li finanzia? Fatalmente, nell’esercizio di questo potere di controllo, il politico sempre mosso dalla ricerca incessante di consenso popolare (financo elettorale) o d’espansione di potere. Tant’ vero che, per esempio, la Regione Campania (prima Caldoro, poi De Luca), proprietaria dell’immobile della Fondazione Circolo Artistico — storica istituzione napoletana con uno straordinario Museo — dato lo scarso ritorno d’immagine e la difficolt d’intaccarne l’autonomia, rifiuta di occuparsene. Ignora le numerose sollecitazioni: non di soldi, si badi, ma di sola cura dell’immobile, che tocca alla propriet se non vuole mandarlo in rovina. Insomma al Sud diventa normale che l’istituzione pubblica, se agente erogatore unico di risorse finanziarie, abbia il diritto di valutare il merito culturale d’ogni iniziativa. Anche a costo di sacrificare libert e pluralismo, come vuole la Costituzione (art. 33).

D’altronde non solo De Luca a muoversi in questa logica. A parte il caso eclatante della Rai, dove la cultura storicamente inquinata dalla politica, quando nel 2010 il centro-destra vinse le elezioni regionali, Caldoro non esit a impossessarsi, tra l’altro, proprio della Fondazione Ravello. E quando nel 2018 il M5S vinse le elezioni nazionali, il Ministro Bonisoli — forse su impulso del capo Di Maio — s’impossess della Fondazione Ville Vesuviane, approfittando dell’improvvisa scomparsa del grande storico Giuseppe Galasso. Il quale, per la verit, era stato chiamato alla presidenza della Fondazione dall’allora Ministro Bondi (Forza Italia): attento per ad attorniarlo di Consiglieri tutti del centro-destra ma non tali da intimidire una personalit come Galasso. Ora a Napoli de Magistris, nel lasciare il Comune squattrinato, tiene tanto all’immagine (sua e della sua candidata-sindaco) da consolarsi col taglio di nastri e intitolazione di strade. In definitiva al Sud un’utopia, se non un sogno, sottrarre la cultura dall’influenza di una politica fatta di relazioni personali familistiche localistiche e partitiche. E torniamo cos alla questione iniziale — filosofico-antropologica — di un’onesta circolarit tra cultura e politica. Sopravanzata dal costume e dal contesto meridionale: arretratezza economica, mancanza di lavoro, povert, provincialismo, analfabetismo di ritorno ecc. Ne sono responsabili pure la scuola, l’universit e ogni altra agenzia educativa. Ma certo libert e autonomia della cultura cresceranno se e quando la classe dirigente imparer — e insegner ai cittadini — a fare politica in una democrazia matura. Vasto programma!

11 luglio 2021 | 09:17

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