La Fed alza i tassi d’interesse di 25 punti al 4,50%-4,75%, massimo dal 2007

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Un ritmo più lento, verso l’obiettivo del 5% e oltre. Il Federal Open Market Committee (Fomc), l’organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria degli Stati Uniti, ha annunciato un aumento dei tassi d’interesse di 25 punti base al 4,50%-4,75%, il livello più alto dal 2007; l’aumento è in linea con le attese degli analisti. Continuerà inoltre la riduzione del bilancio della Banca centrale.

Si tratta dell’ottavo rialzo dei tassi consecutivo. A dicembre, la Fed aveva alzato i tassi di 50 punti base; nelle quattro riunioni precedenti, tra giugno e novembre, li aveva sempre alzati di 75 punti base. I tassi d’interesse erano stati abbassati allo 0-0,25% nel marzo del 2020, per contrastare gli effetti negativi della pandemia di coronavirus sull’economia statunitense, e poi progressivamente alzati nel 2022, per contrastare l’inflazione.

Il comunicato con cui la Federal reserve ha annunciato la sua mossa di febbraio presenta diverse novità rispetto alla formulazione di dicembre, anche se la Fed continua a indicare che «ulteriori aumenti» nei tassi ufficiali «saranno appropriati per ottenere un orientamento della politica monetaria che sia sufficientemente restrittivo».

«C’è ancora lavoro da fare», ha detto il presidente Jerome Powell all’inizio della conferenza stampa per poi aggiungere:«Occorrerà tempo perché gli effetti della restrizione monetaria si avvertano, soprattutto sull’inflazione». Ha poi fatto riferimento a «un paio di altri rialzi» prima di poter raggiungere un livello sufficientemente restrittivo, anche se a marzo le nuove proiezioni daranno un quadro aggiornato della situazione e delle intenzioni dei governatori. «Abbiamo speso molto tempo a discutere del futuro percorso dei tassi», ha detto riferendosi al meeting appena chiuso. La decisione di alzare i tassi è stata comunque presa all’unanimità.

L’enfasi passa in ogni caso – anche nel comunicato, coerentemente con le dichiarazioni delle ultime settimane – dal «ritmo» della stretta, che infatti ha rallentato, all’«estensione» dei futuri aumenti: quello che conta, in questa fase, è il punto d’arrivo – a dicembre è stato suggerito il 5-5,25% – e la durata della fase di restrizione monetaria.



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