La persona peggiore del mondo ci racconta la presa di coscienza di sé

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La persona peggiore del mondo è il terzo film della “Trilogia di Oslo” diretta dal regista norvegese Joachim Trier. Arriva dopo RepriseOslo, 31 august, le tre pellicole hanno in comune la ricerca di sé e l’esigenza di trovare il proprio posto nel mondo.

La persona peggiore del mondo è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2021, dove la protagonista Renate Reinsve ha vinto il premio per la miglior attrice.

Posizione geografica: Oslo.

Qui scopriamo la vita della protagonista Julie: una persona libera, una donna di trent’anni che non ha paura di ferire i sentimenti degli altri perché antepone sé stessa a tutto il resto. Il suo benessere, la sua felicità, le sue emozioni contano più di un atto di magnanimità verso l’esterno che, in realtà, cela la paura di dire la verità. Non importa se questo significa sacrificare dei legami importanti, la sua volontà di autoaffermazione nel mondo e la sua ricerca della felicità le daranno la carica vitale per crescere grazie ai rapporti che crea nel tempo.

Passando da una relazione all’altra, da un interesse all’altro, Julie sperimenta e da forma alla sua coscienza individuale e sociale. Attraverso le esperienze che matura, riesce ad auto definirsi meglio, acquisendo maggiore consapevolezza della sua persona. Ma in tutto il percorso di metamorfosi interiore, non si giudica mai, bensì prende la vita di petto, ascoltando solo il suo cuore.

Julie pensa in modo esistenzialista, perché si concentra sul valore dell’individuo e sulla sua natura precaria e limitata, sul vuoto che caratterizza la condizione dell’uomo moderno, in un mondo che è ormai estraneo.

Inizialmente possiamo giudicarla egoista e superficiale, vediamo la gente intorno a lei soffrire, a causa dei suoi atteggiamenti. Man mano che la storia si dipana, però, cominciamo ad empatizzare con lei, a volerle bene, a capire il suo profondo malessere interiore e ci schieriamo dalla sua parte. Tutto diventa più nitido e quasi invidiamo il suo stile nel superare le fasi di cambiamento della vita.

Il suo modo di sentirsi quasi distaccata dalla sua stessa vita e non a suo agio nell’essere sé stessa, è elegante. Il malessere è palpabile, le risulta molto difficile accettarsi.

La persona peggiore del mondo ci racconta la presa di coscienza di sé

Anche il luogo in cui la narrazione è ambientata ha un ruolo importante all’interno di essa, la Norvegia, infatti, è pervasa da un elevato conformismo sociale. Le regole sullo stile di vita sono rigide, eppure oggi c’è grande libertà nel poter cambiare lavoro o partner quando si vuole. Ma la forma mentis rimane statica, ha bisogno di tempo per modellarsi e aprirsi a nuovi dogmi.

Julie ci sembra passiva ma, se osservata attentamente, notiamo che prova con tutte le sue energie a capire ogni problema che la circonda. Non se ne rende conto eppure ha bisogno di essere definita dallo sguardo altrui perché fa fatica a trovare la sua vera identità. Non sa quali siano le cause del suo malessere e del suo disagio, ma è sempre pronta ad indagarle, a scandagliare ogni minima parte di sé.

Nella scena finale vediamo finalmente che Julie riesce ad accettarsi per quello che è e non ha bisogno di nessuno per definirsi. Sta cercando di trovare la sua strada ma lo fa da sola, non attraverso lo sguardo e il giudizio di un partner. Ora, infatti, la vediamo nel suo appartamento, mentre lavora alle sue fotografie sul pc. Ha vissuto tante incertezze, momenti di sconforto e perdite che le hanno permesso di capire che la vita è caos e non si può avere un totale controllo su di essa.

È proprio questa consapevolezza a fortificare, a dare sicurezza e a permettere alla protagonista di prendere in mano la propria vita con uno spirito combattivo.

La persona peggiore del mondo ci racconta la presa di coscienza di sé



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di Veronica Cirigliano
www.2duerighe.com
2022-04-29 09:00:00 ,

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