Grillo a caldo non si è fatto sentire e ha lasciato aleggiare il dilemma sui poteri del presidente e quelli del garante. Ma Conte si mostra sicuro che il nuovo statuto, limato e approvato dai sette «saggi» del M5S, non preveda alcuna diarchia, altrimenti non avrebbe accettato di siglare l’intesa: sarà lui a decidere la linea politica, lui a compilare le liste elettorali e sempre lui a nominare tutti gli organi politici, a cominciare dai vicepresidenti. Saranno tre e uno dei temi è se ne farà parte Luigi Di Maio, che ha voluto e guidato la mediazione e vuole continuare a dare il suo contributo. Il punto che fa discutere è che Grillo resta pienamente garante e potrà pronunciare l’ultima parola su temi cruciali come le espulsioni. Per dirla con un esponente del governo «Beppe ha sempre inciso e continuerà a farlo, ma non perché sta scritto nello statuto». Insomma, il dualismo è nelle cose.
La prima prova per la tenuta del patto sarà la sfida parlamentare sulla giustizia, questione identitaria per il MoVimento. La riforma Cartabia della prescrizione ha già messo a durissima prova il governo Draghi e scatenato la reazione dei parlamentari del M5S contro i ministri, rei di avere ascoltato Grillo e dato un sofferto via libera al testo. Cosa accadrà quando arriverà in Parlamento? I 5 Stelle si spaccheranno tra grillini e contiani, o voteranno compatti contro un provvedimento che Conte giudica «inaccettabile»? Intanto la novità è che la riforma Cartabia, attesa alla Camera il 23 luglio, sembra destinata a slittare a settembre, rinvio che potrebbe spuntare l’arma con cui Conte spera di rilanciare il MoVimento e ricompattare le truppe parlamentari. «Così com’è, noi la riforma Cartabia non la votiamo», è il grido di battaglia dell’avvocato pugliese, convinto che la soluzione approvata in Cdm con la benedizione di Grillo non sia praticabile, rischi di far morire migliaia di processi e renda le vittime doppiamente tali.
Nella maggioranza sono in molti a temere che il leader designato voglia andare alla guerra e scatenare un «Vietnam» tra commissioni e aule, cavalcando il dissenso di quanti vorrebbero uscire dalla maggioranza già ai primi di agosto, quando inizia il semestre bianco. Ipotesi che Conte smentisce: «Uscire dal governo? Non è mia intenzione». Quello che però il giurista di Volturara Appula non accetta è di veder cancellate o affievolite una dopo l’altra le riforme dei suoi due governi, dal decreto dignità al cashback. E nelle prossime settimane farà sentire la voce della «forza più grande del Parlamento e della maggioranza» su giustizia, fisco, reddito di cittadinanza. Il debutto del Giuseppe Conte di lotta e di governo si avrà (a distanza) nella commissione Giustizia, dove il M5S cercherà l’asse con il Pd. L’ex premier è in contatto con i deputati che lavorano agli emendamenti e quello che a Conte sta più a cuore propone la prescrizione su modello tedesco. Partendo dalla riforma dell’ex Guardasigilli Bonafede, che la stoppa dopo il primo grado di giudizio, la prescrizione continua a correre per gli assolti, mentre i condannati hanno due anni per l’appello. Se il processo non viene celebrato entro i tempi non scatta l’improcedibilità, ma c’è uno sconto di pena,
12 luglio 2021 (modifica il 12 luglio 2021 | 22:53)
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