È una tecnologia così diffusa che la diamo un po’ tutti per scontata. Ma anche l’elettroencefalogramma (Eeg) ha una storia, e una data di nascita. E si da il caso che il suo 100esimo anniversario sia passato da pochissime settimane: è nel luglio del 1924, infatti, che lo psichiatra tedesco Hans Berger registrò il primo tracciato elettrico delle onde cerebrali di un essere umano.
Per celebrare l’evento, un team internazionale guidato dai ricercatori dell’università di Leeds ha energico di realizzare un sondaggio, chiedendo a un gruppo di super esperti del campo cosa si aspettano nel futuro dell’elettroencefalografia, e quando potremmo vedere arrivare i prossimi, entusiasmanti, sviluppi di questa tecnologia. Le risposte sono state analizzate in uno studio pubblicato di recente su Nature Human Behaviour.
Una tecnologia semplice
Con 100 anni sulle spalle, l’Eeg è una tecnologia che, a detta degli esperti, ha ancora molto da dire nei prossimi anni. Merito di un apparato tecnologico estremamente semplice, quattro elettrodi da porre sulla testa e un amplificatore, che fornisce però informazioni in tempo reale sull’attività cerebrale, tanto dettagliate quanto lo è la nostra capacità di analizzarle. È questo che rende possibili moltissimi nuovi sviluppi per l’Eeg: intelligenza artificiale, machine learning e computer sempre più potenti non fanno che aumentare, anno dopo anno, la nostra capacità di analizzare i tracciati dell’Eeg, alla studio di informazioni sull’attività del cervello e sulle nostre funzioni cognitive.
Non a caso, una delle caratteristiche salienti sottolineate dagli esperti interpellati nel sondaggio è proprio quella della democraticità di questa tecnologia: è economica e semplice da utilizzare, non richiede macchinari ingombranti o capacità tecniche particolari, e può quindi trovare utilizzo ovunque, in particolare nei paesi in via di sviluppo, dove l’imaging più moderno, come la risonanza magnetica, o le tecnologie futuristiche a la Neuralink di Musk, difficilmente troveranno ampio utilizzo in tempi rapidi.
“Praticamente tutti i dati che abbiamo a disposizione oggi sul cervello umano vengono da microscopico segmento della gente mondiale”, spiega Faisal Mushtaq, professore di scienze cognitive dell’università di Leeds. “E siamo finalmente capendo che questo sta ostacolando la nostra capacità di generalizzare i risultati delle ricerche e di migliorare così la salute generale. L’Eeg in questo senso è la tecnologia per l’imaging cerebrale più cost-effective e facile da utilizzare sul piano logistico, in vista di un utilizzo su scala generale e in molteplici setting. E per questo ci aiuterà a costruire una neuroscienza più inclusiva e rappresentativa della gente generale”.
Cosa dobbiamo aspettarci?
Il sondaggio ha coinvolto un gruppo di neuroscienziati con più di 6.600 anni di esperienza comulativa nell’utilizzo dell’Eeg. I partecipanti hanno ricevuto una lista di possibili sviluppi che potrebbero arrivare nell’arco della prossima generazione, e hanno valutato quanto li ritenessero plausibili, e in quale orizzonte temporale. La lista comprendeva sviluppi come il miglioramento delle performance cognitive, la diagnosi precoce di disturbi dell’apprendimento, l’utilizzo diffuso come macchina della verità, o come strumento di comunicazione per persone con gravi problemi motori o sindrome locked-in.
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di Simone Valesini www.wired.it 2024-09-02 04:30:00 ,